Sunday, October 5, 2008

Algeria: colonizzazione da manuale.


Nome Ufficiale: الجمهورية الجزائرية الديمقراطية (Repubblica Democratica Popolare d'Algeria)
Capitale: الجزائر (Algeri)
Superficie: 2.381.741 km²
Popolazione (2007): 33,3 milioni (fonte: World Bank)
Popolazione urbana (2006): 60,5% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 30,1% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: arabo (ufficiale), berbero e francese
Religione: Islam
Gruppi etnici: Arabi, Berberi (Cabila, Touareg)
PIL (2006): 124,1 miliardi USD (fonte: World Bank e IMF)
Indipendente dalla Francia dal 3 luglio 1962
Capo di Stato: Abdelaziz Bouteflika (in carica dalle elezioni presidenziali del 15 aprile 1999)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Algeria
L'Algeria è uno dei Paesi africani che amo di più, sicuramente perchè quando abitavo a Parigi nel fine settimana lavoravo in un ristorante algerino nel 20° arrondissement (anzi, se passate da Parigi e vi piace il couscous ve lo consiglio: Le Taïs, sul blvd. Ménilmontant, proprio di fronte all'omonima fermata della linea 2 del métro. Il venerdì ed il sabato sera il cous cous è offerto dalla casa a tutti i clienti!). In questo modo ho fatto amicizia con tanti algerini (la maggior parte di etnia cabila, non araba) di cui conservo ancora un bel ricordo. Anzi, il mio (ex) collega H. ancora continua a chiamarmi per invitarmi in Cabilia...

Ma l'Algeria è anche uno degli Stati africani che ha subito maggiormente le conseguenze della colonizzazione europea. Addirittura, dal 1947 all'indipendenza l'Algeria (grande circa quattro volte la Francia) non aveva più lo status di territorio coloniale, ma addirittura di département ("provincia"), alla stregua di Parigi o dell'Auvergne o di qualsiasi altra provincia sul territorio dell'Hexagone. Questa parificazione territoriale tra l'Algeria ed il territorio metropolitano francese tentava in parte di rimediare alle discriminazioni subite dai musulmani algerini fin dalla conquista francese (iniziata nel giugno 1830 e portata a termine solo 27 anni dopo, nel 1857, con la presa della Cabilia. Rivolte indigene continuarono ancora per un decennio circa e l'Algeria fu definitivamente "pacificata" solo nel 1871: un milione di persone, un terzo della popolazione, perì nella resistenza all'esercito colonizzatore): in base al decreto Crémieux del 1870 la cittadinanza francese veniva attribuita automaticamente solo ai 37.000 ebrei d'Algeria. Con l'introduzione del code de l'indigénat nel 1887, si distinse tra cittadini (metropolitani) e sudditi (indigeni), questi ultimi privi di quasi tutti i diritti politici e sociali. Al contrario, nel 1889 la cittadinanza francese fu concessa agli stranieri residenti, in gran parte coloni europei, che andarono così a formare il gruppo dei "pieds-noirs".
L'Algeria ha poi conquistato l'indipendenza nel 1962 in seguito ad una sanguinosa guerra di liberazione durata di 8 anni (un film da vedere è La Battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo) che si concluse solo con il trattato di Evian che dichiarò il cessate-il-fuoco e legalizzò il Fronte de Libération Nationale (FLN).
La colonizzazione francese ha portato conseguenze importanti sia sul piano culturale (leggete ad esempio l'opera del tunisino Albert Memmi), tanto che molti algerini hanno ancora oggi più familiarità con il francese piuttosto che con l'arabo dato che l'istruzione venne "arabizzata" solo negli Anni '90, sia sul piano politico e sociale.
Come è accaduto in molti altri Paesi del Medio Oriente e dell'Africa, anche in Algeria dal momento dell'indipendenza si sono susseguiti una serie di colpi di stato e regimi militari che hanno portato, negli Anni '90, alla guerra civile ed alla nascita di movimenti islamisti (FIS, GIA, Groupe Salafiste pour la Prédication et le Combat…) che ancora oggi destabilizzano il Paese continuando nella loro politica stragista (l'ultimo attentato, il 29 settembre, ha causato 3 morti).
I regimi militari, purtroppo, sono una delle eredità più pesanti che la colonizzazione europea ha lasciato in Africa: nonostante Bouteflika sia stato eletto per mezzo di elezioni popolari, egli è il prodotto di quel establishment militare che aveva lottato fin dalla prima ora contro I coloni e che in tante società gode ancora del prestigio del resistente. L'Algeria oggi ha bisogno di democratizzazione e di normalizzare le relazioni con le minoranze etniche presenti nel Paese (in particolare è da risolvere la questione della Cabilia) e necessita di un ricambio generazionale ai vertici. Nonostante la grande ricchezza del proprio sottosuolo, l'Algeria non riesce ad uscire dalla sua impasse economica e tante risorse non vengono sfruttate (per esempio il suolo agricolo) per puntare sugli idrocarburi, che però vengono usati come merce di scambio per pagare il debito internazionale del Paese, creando un circolo vizioso che non permette all'economia algerina di decollare.
Tanti imprenditori si stanno facendo strada nel settore dei servizi (es. Aigle Azur), imprenditori nati nel periodo della decolonizzazione e che spesso hanno studiato o vissuto in Francia prima di rientrare ad investire in patria, quindi senza "agganci" con i partiti di governo: probabilmente proprio il tipo di classe dirigente di cui oggi ha bisogno l'Algeria.

Oh, e quanto si potrebbe parlare di grandi figure femminili in Algeria!


Per la Mente (Libri):
I dannati della terra (Frantz Fanon, di origine martinicana, ha vissuto in Algeria gran parte della sua vita e lì ha concepito la maggior parte della sua opera di critica della colonizzazione);
Storia dell'Algeria indipendente. Dalla guerra di liberazione al fondamentalismo islamico (Giampaolo Calchi Novati);
Algérie : la question kabyle (Ferhat Mehenni);
Lo straniero (Albert Camus);
La peste (Albert Camus);
La morte felice (Albert Camus);
La sete (Assia Djebar);
Donne d'Algeri nei loro appartamenti (Assia Djebar);
Lontano da Medina (Assia Djebar);
Nedjma (Kateb Yacine);
Il cerchio delle rappresaglie (Kateb Yacine);
Il Ripudio (Rachid Boudjedra);
La pioggia (Rachid Boudjedra);
La memoria del corpo (Ahlam Mosteghanemi);
Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio (Amara Lakhouch – scrittore algerino residente da anni a Roma, ricercatore a La Sapienza, che scrive in italiano);
Zero Kill (Y.B., pseudonimo di Yassir Benmiloud);
Allah Superstar (Y.B.);
Il n'y a pas d'os dans la langue (Nourredine Saadi);
Pour une histoire franco-algérienne. En finir avec les pressions officielles et les lobbies de mémoire (Frédéric Abécassis e Gilbert Meynier, consultabile online su http://ens-web3.ens-lsh.fr/colloques/france-algerie/ );
Les Harkis dans la colonisation et ses suites (Fatima Besnaci-Lancou e Gilles Manceron);
Aujourd'hui en Algérie (Mohamed Kacimi, illustrazioni di Charlotte Gastaut e Christian Heinrich – libro per bambini);
Anche Jacques Derrida era nato in Algeria da genitori di fede ebraica…


Per le Orecchie (Musica):
Cheb Khaled
Cheikha Remitti
Cheb Mami
Faudel
Rachid Taha (il mio preferito)
Souad Massi
Ami Karim & Slam'Aleikoum
Beihdja Rahal
Karim Ziad
Lounès Matoub


Per gli Occhi (Cinema):
Dans la vie (Philippe Faucon);
La battaglia di Algeri (Gillo Pontecorvo);
Indigènes (Rachid Bouchareb);
Mémoires d'immigrés (Yamina Benguigui);
Barakat! (Djamila Sahraoui)


Per la Bocca (Cibo):
Cous cous (per chi volesse la ricetta del Taïs… basta chiedere!)
... e poi ci sono delle focaccine di semola troppo yummi di cui non mi ricordo mai il nome :-(


Per il Cuore (Arte):
Kader Attia;
Bruno Hadjih;
Rachid Koraïchi;
Abdallah Benanteur


Blogs:


colonna sonora: Ya Rayah (Rachid Taha)

6 comments:

Bra said...

La cucina africana che ho provato non mi è dispiaciuta affatto, ma quando mangio etnico in italia ho sempre l'impressione che sia adattato al gusto occidentale...

Stefania - The Italian Backpacker said...

Bella l'impostazione di questi post. Mi piace molto quando metti tutti i libri, i film e la musica sull'argomento! Vuoi davvero gettarti nell'impresa suicida di scriverne uno per ogni paese africano? Se vuoi io ho due schede simili sull'Etiopia e sull'Eritrea (stai andando in ordine alfabetico?).

Mi è piaciuto molto "Indigenes" e c'è il tipo simpatico di Amélie. Aspetta, ho appena controllato il nome... ed è il comico che mi dicevi ti piace tanto! Devo proprio sforzarmi di capire l'argot per vedere qualche suo show allora! Conosci un film che si chiama "La graine e le mulet" (in italiano "Cous Cous")? Sono secoli che cerco di trovarlo o scaricarlo ma non ci riesco.

Ah, il cous cous... Che buono! Ora mi fai venire voglia di cercare un buon ristorante maghrebino a Londra!

Però devo "bacchettarti" su una cosa... Strictly speaking, Black History comprenderebbe anche paesi come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, tutti i Caraibi e una parte del Sud America, mentre il Maghreb sarebbe considerato Africa Bianca (anche se a me sta in culo questa distinzione). Ma vabbè, a me l'Africa è un continente che piace tutto senza distinzione di colore, e credo anche a te, quindi prendiamo questa cosa del Black History Month come un pretesto per parlare di Africa!

clauds said...

@ Bra:
ciao e bentornato!
io amo il cibo (se mi conoscessi di persona te ne renderesti conto subito ;-P ) ed in particolare mi piace provare la cucina tipica dei paesi che visito.
ma a volte e' facile trovare ottimi ristoranti "etnici" (come per esempio Le Tais, che, a detta degli algerini, faceva il miglior cous cous di Parigi) anche in alcune grandi citta' europee.

ti dico la verita': l'unica cosa che mi piace di abu dhabi e' che conosco persone che vengono da cosi' tanti paesi diversi che ho sempre la possibilita' di conoscere molto sulla cultura del loro paese di provenienza e... provare dell'ottimo cibo!
;-)

clauds said...

@ Stef:
HAI RAGIONE!!! I apologize (detto all'americana: aapologiaaiiz :-P ).
faccio ammenda e mi cospargo il capo di cenere: durante il Black History Month si dovrebbe parlare di Storia Nera.
ma l'Africa e' talmente bella tutta cosi' varia che non mi andava di distinguere.
e poi alla fine e' sempre la culla dell'umanita': veniamo tutti da li', neri bianchi e marroncini (e aggiungiamo pure gialli, rossi e verdi per non discriminare va').
e' davvero un suicidio, ma ci proveremo. l'Africa e' un continente troppo dimenticato (salvo quando ci fa comodo) e parlarne e' proprio bello (anche perche' chi di dovere non lo fa...).

anche a me piace mettere i libri ecc., ma so gia' che per alcuni paesi sara' un'impresa. cioe', l'80% di cio' che consiglio (libri, film, musicisti) riguardo i paesi africani di lingua araba lo conosco effettivamente piuttosto bene per ragioni di studio o per interessi personali, ma su molti paesi non sono davvero ferrata e quindi tendo a mettere libri che vorrei leggere o che mi sono stati consigliati... casino!
comunque si', vado in ordine alfabetico. su Etiopia ed Eritrea ho gia' buttato giu' qualcosa, ma se tu hai delle schede da mandarmi mi farebbe molto piacere (e mi sarebbero utili, visto che sicuramente sono fatte molto meglio di cio' che preparo io...). poi, ovviamente, ti credito! ;-)
tra l'altro ho visto che anche a te piace Mengestu: da sempre nella mia reading list, ma qui proprio non riesco a trovarlo in inglese :-(

"Indigenes" e' veramente un gran film e pensa che tutti gli attori principali (Jamel Debbouze, ma anche Roshdy Zem e Sami Naceri, che adoro entrambi, e l'altro di cui non mi ricordo mai il nome) sono di origine nordafricana e non sapevano nulla della storia dei soldati "indigeni" mandati dalla Francia a combattere durante la guerra.
Jamel e' un comico superstar in francia e Marocco (di cui e' originario), ma all'estero e' conosciuto di piu' per i suoi ruoli in Amelie, Asterix e Obelix, Indigenes, She hate me (Spike Lee) e Angel-a (Luc Besson). ma a me fa morire (cosi' come l'algerino Gad el Maleh)!
se riesci cerca i suoi spettacoli (ti giuro che a volte neanch'io capisco tutte le parole in "verlain" -l'envers d'envers- nonostante abbia vissuto in banlieu e frequentassi quasi esclusivamente beurs -o reubs, come si dice in "verlain"), ne vale la pena!
cavolo, me l'ero dimenticato! anch'io ho sempre sentito parlare di "La graine et le mulet" e non son mai riuscita a trovarlo...

Yummy! il cous cous fa impazzire anche me! e ti svelero' un segreto: prepararlo dalla a alla z e' ancora meglio che mangiarlo!
lavare i grani di semola, condirli, poi passarli tra le dita per asciugarli e sgranarli... e' troppo rilassante!
peccato che a pescara ho cercato il cous cous non precotto in tutti i negozi etnici e non sono mai riuscita a trovarlo!

Stefania - The Italian Backpacker said...

Il libro di Mengestu per fortuna l'ho trovato in una libreria di Londra, ma qui in UK non è molto famoso (anche se ha vinto il Guardian First Book Award). In Italia invece era dappertutto, ma non mi andava di leggerlo in italiano!

Anche a me piace molto la cucina etnica, oggi uscendo dalla stazione della metro sono passata accanto a due ristoranti, uno cinese e uno tailandese, che emanavano dei profumini niente male. Mi sa che li proverò, visto che sono sotto casa.
Ma lascia stare il cibo etnico che si trova in Italia, che fa pena! Una volta volevo fare una cena venezuelana (è il paese da dove venivano i miei vicini di casa quando abitavo a Tv) e ho girato tutta Venezia e tutta Treviso alla ricerca di "plátanos", delle banane grosse da cucinare (plantain credo in inglese), e non le ho trovate. E poi volevo i fagioli quelli piccoli piccoli neri e non li trovavo da nessuna parte...Ero così incavolata. Non mi sembrava di chiedere tanto!

Le schede su Etiopia ed Eritrea non sono un granché in realtà, ma ti passerò le parti che ti possono servire per alleggerirti il lavoro. :-)

clauds said...

grazie Stef!
sono sicura che le tue schede saranno ottime e comunque, oltre ad alleggerire il lavoro, sempre meglio confrontare gli scritti con quelli di qualcun'altro (con un bel cervello oltretutto)...

anch'io Mengestu volevo leggerlo in inglese, ma anche in italiano ti giuro che non l'ho mai trovato (vabbe', pescara non e' certo rinomata per la scena culturale... nonostante il premio Flaiano).
pero' i plantain li trovavo in tutti i negozi etnici...
;-)
ed anche le chips di plantain!
pensa che anche al mercato ortofrutticolo una mia amica venezuelana mi ha detto che li ha trovati e che anzi glieli buttavano addosso (espressione per dire "li pagava molto poco") perche' chi li vendeva pensava fossero banane andate a male...
:-$

son contenta di sapere che hai trovato casa... allora, come procede la vita londinese?

un abbraccio forte

clauds