Ieri era la Giornata Mondiale Contro la Pena di Morte, allora traduco due articoli di Pierre-François Naudé apparsi su L'État de l'Afrique 2008 (aprile 2008) sullo stato della pena di morte nei Paesi Africani. Sono un po' vecchi, ma contengono molti dati interessanti…
Giustizia – Verso l'abolizione della pena di morte.
Con il sostegno di alcuni Paesi africani, l'Organizzazione delle Nazioni Unite si è impegnata, nel dicembre 2007, per una moratoria delle esecuzioni.
Con il sostegno di alcuni Paesi africani, l'Organizzazione delle Nazioni Unite si è impegnata, nel dicembre 2007, per una moratoria delle esecuzioni.
Probabilmente non conosceremo mai le conseguenze esatte sull'opinione pubblica mondiale della diffusione, nel gennaio 2007, delle immagini dell'impiccagione di Saddam Hussein. Le circostanze particolarmente indegne della messa a morte dell'ex-rais, e forse ancora di più la loro pubblicità su supporto digitale, sono risuonate come un terremoto. Persino la coscienza di coloro che vi hanno attivamente contribuito – in prima linea i dirigenti inglese ed americano Tony Blair e George W. Bush – ha sembrato esserne scossa per un attimo.
Ironia della sorte, è proprio l'esecuzione di Saddam Hussein ad aver rilanciato il dibattito sulla pena capitale presso l'ONU. Se Israele e l'Iran sono stati i soli Paesi a rallegrarsi pubblicamente della morte del rais, l'Italia, per voce del suo Presidente del Consiglio, Romano Prodi, è stata uno dei pochi a condannarla pubblicamente, ed a più riprese. È quindi naturale che il governo italiano, accedendo per due anni, in gennaio 2007, allo status di membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, si sia impegnato a prendere un'iniziativa mirante a condannare la pena di morte. Una decisione che beneficia dell'influente appoggio del Portogallo, che ha assunto la presidenza di turno dell'Unione Europea il 1° luglio dello stesso anno.
Ironia della sorte, è proprio l'esecuzione di Saddam Hussein ad aver rilanciato il dibattito sulla pena capitale presso l'ONU. Se Israele e l'Iran sono stati i soli Paesi a rallegrarsi pubblicamente della morte del rais, l'Italia, per voce del suo Presidente del Consiglio, Romano Prodi, è stata uno dei pochi a condannarla pubblicamente, ed a più riprese. È quindi naturale che il governo italiano, accedendo per due anni, in gennaio 2007, allo status di membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, si sia impegnato a prendere un'iniziativa mirante a condannare la pena di morte. Una decisione che beneficia dell'influente appoggio del Portogallo, che ha assunto la presidenza di turno dell'Unione Europea il 1° luglio dello stesso anno.
Dopo due fallimenti, uno nel 1994 ed uno nel 1999, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato, il 18 dicembre 2007, una storica risoluzione volta "a istituire una moratoria sulle esecuzioni in vista dell'abolizione della pena di morte". Una decisione simbolica, poiché priva di portata giuridica limitativa, ma che rafforza considerevolmente il peso degli abolizionisti, come testimoniano i violenti dibattiti che hanno accompagnato il voto. Alcuni Paesi opposti al progetto hanno tentato in tutti i modi di farlo fallire. Chi proponendo delle alterazioni alla lettera del progetto (legando per esempio il divieto d'aborto a quello della pena di morte), chi semplicemente accusando l'Europa di volere, come una potenza coloniale, imporre i propri "valori".
Ciò non toglie che, aldilà delle pressioni, reali ma allusive, dell'UE sui propri partner per lo sviluppo – in particolare africani – per ottenere la loro adesione alla moratoria, la risoluzione dell'ONU ha ricevuto una grande maggioranza: 104 voti contro 54, e 29 astensioni. Un mese prima, l'adozione del progetto di risoluzione (per 99 voti favorevoli contro 52 contrari e 33 astensioni) in seno alla terza commissione dell'Assemblea aveva già rivelato che numerosi Paesi africani erano interessati dal fenomeno di crescente simpatia in favore della moratoria ed avevano inoltre fortemente contribuito alla riuscita positive del progetto, nello specifico attraverso una forte astensione.
Secondo il primo scrutinio, sui 192 Paesi membri dell'ONU, solo 52 continuano a sostenere attivamente il principio della pena di morte. Ma tra questi ultimi, non se ne contano più di dieci africani: l'Egitto, la Libia, il Botswana, le Isole Comore, l'Etiopia, il Malawi, la Nigeria, il Sudan, l'Uganda e lo Zimbabwe. Malgrado una legislazione non-abolizionista, e nonostante intrattenga rapporti sempre più stretti con i Paesi del Golfo – fortemente opposti al progetto -, il Marocco si è astenuto. Fedele alla sua strategia di elusione, la Tunisia non ha partecipato al voto. Ugualmente assenti: la Repubblica Democratica del Congo e la Somalia, come pure le Seychelles, la Guinea-Bissau ed il Senegal (tutti e tre abolizionisti di fatto). Oltre al Marocco, gli astensionisti africani sono stati 18 e vanno dal Ciad al Madagascar, passando per il Camerun, la Repubblica Centrafricana, il Congo, la Guinea Equatoriale, il Niger ed il Togo, senza dimenticare il Ghana, la Guinea, il Kenya, la Tanzania e lo Zambia.
Ciò non toglie che, aldilà delle pressioni, reali ma allusive, dell'UE sui propri partner per lo sviluppo – in particolare africani – per ottenere la loro adesione alla moratoria, la risoluzione dell'ONU ha ricevuto una grande maggioranza: 104 voti contro 54, e 29 astensioni. Un mese prima, l'adozione del progetto di risoluzione (per 99 voti favorevoli contro 52 contrari e 33 astensioni) in seno alla terza commissione dell'Assemblea aveva già rivelato che numerosi Paesi africani erano interessati dal fenomeno di crescente simpatia in favore della moratoria ed avevano inoltre fortemente contribuito alla riuscita positive del progetto, nello specifico attraverso una forte astensione.
Secondo il primo scrutinio, sui 192 Paesi membri dell'ONU, solo 52 continuano a sostenere attivamente il principio della pena di morte. Ma tra questi ultimi, non se ne contano più di dieci africani: l'Egitto, la Libia, il Botswana, le Isole Comore, l'Etiopia, il Malawi, la Nigeria, il Sudan, l'Uganda e lo Zimbabwe. Malgrado una legislazione non-abolizionista, e nonostante intrattenga rapporti sempre più stretti con i Paesi del Golfo – fortemente opposti al progetto -, il Marocco si è astenuto. Fedele alla sua strategia di elusione, la Tunisia non ha partecipato al voto. Ugualmente assenti: la Repubblica Democratica del Congo e la Somalia, come pure le Seychelles, la Guinea-Bissau ed il Senegal (tutti e tre abolizionisti di fatto). Oltre al Marocco, gli astensionisti africani sono stati 18 e vanno dal Ciad al Madagascar, passando per il Camerun, la Repubblica Centrafricana, il Congo, la Guinea Equatoriale, il Niger ed il Togo, senza dimenticare il Ghana, la Guinea, il Kenya, la Tanzania e lo Zambia.
In definitiva, si tratta di un grande successo per i militanti dei diritti dell'uomo, che vi vedono la ricompensa di un lungo lavoro di lobbying. "Pur senza aver abolito la pena di morte da loro, alcuni Paesi africani sono diventati dei sostenitori attivi della moratoria universale, come l'Algeria, il Gabon, il Mali, il Burkina, il Benin ed il Burundi, mentre altri, ancora più numerosi, non le fanno ostacolo, che fa ben sperare per l'avvenire", si rallegra Antoine Bernard, il direttore esecutivo della Federazione Internazionale della Lega dei Diritti dell'Uomo. Oltretutto, tra questi ultimi, 11 fanno parte del gruppo dei 21 Paesi africani che non hanno, da oltre dieci anni, ufficialmente eseguito alcun condannato e che sono dunque considerati abolizionisti di fatto, per quanto fragile questa posizione sia.
Paradossalmente, questo miglioramento sul piano internazionale interviene su un contesto africano incerto, dove dei numerosi passi in avanti spesso procedono fianco a fianco con delle inquietanti ritirate. In materia di avanzata, da un lato, si conta certamente il numero crescente di Stati che hanno abolito di fatto la pena di morte in questi ultimi anni. Alla fine degli Anni '80, non erano che due in questa posizione: le Seychelles (1976) e Capo Verde (1981); oggi sono 14. Ultimi per data, il Ruanda (2007), la Liberia (2005), il Senegal (2004) e la Costa d'Avorio (2000) hanno raggiunto Gibuti, le Mauritius e l'Africa del Sud (1995), la Guinea-Bissau e l'Angola (1992), il Mozambico, São Tomé e Principe e la Namibia (1990). Chi sarà il prossimo? Le recenti evoluzioni permettono di sperare in progressi significativi, ossia un'abolizione totale, in Mali, in Gabon così come in Burundi ed in Marocco.
Altra nota positiva: se nessun Paese dell'Africa del Nord, al contrario dell'Africa australe, ha ancora abolito la pena capitale, il dibattito sulla posizione di quest'ultima nell'Islam progredisce (solo due Paesi a maggioranza musulmana, la Turchia ed il Senegal, sono abolizionisti). E secondo l'associazione Insieme contro la Pena di Morte (ECPM), gli appelli alla moratoria hanno trovato un eco molto favorevole presso il Gran Mufti d'Egitto, Sheikh Ali Jomaa, e presso il predicatore della catena televisiva Al-Jazeera, il Dott. Youssef al-Qaradawi. D'altra parte, dall'altro lato, la pena capitale è tornata la norma in numerosi Paesi sotto la copertura della recrudescenza degli attentati islamisti dall'11 settembre 2001 – nonostante si applichi di rado. Le condanne si moltiplicano. Da due anni, secondo Amnesty International, hanno avuto luogo in almeno una quindicina di Paesi africani, come l'Algeria, il Benin, la Tunisia, il Burkina, il Burundi, il Kenya, la Libia, il Mali, il Marocco, la Nigeria, la Repubblica Democratica del Congo, il Togo… Ma anche nei Paesi – meno numerosi – che continuano ad applicare queste sentenze, in primo luogo la Nigeria ed il Botswana – che praticano sempre delle esecuzioni segrete -, l'Egitto, la Guinea Equatoriale, l'Uganda, la Somalia e, soprattutto, il Sudan, che detiene la palma africana con almeno 65 esecuzioni nel 2006, che lo piazzano al quarto posto mondiale – ex aequo con l'Iraq.
Inoltre, indipendentemente dai progressi recentemente registrati in materia, l'abolizione della pena di morte non resolve tutto. "Il continente africano è molto lontano dal continente asiatico, che registra dei record macabri di esecuzioni, in particolare la Cina, precisa Michel Taube, scrittore francese e fondatore di ECPM. Ma siamo malgrado tutto preoccupati per l'Africa a causa del numero di assassini extragiudiziari". Un'analisi che l'evoluzione recente della situazione in Ciad o in Kenya, in particolare, conferma."
Paradossalmente, questo miglioramento sul piano internazionale interviene su un contesto africano incerto, dove dei numerosi passi in avanti spesso procedono fianco a fianco con delle inquietanti ritirate. In materia di avanzata, da un lato, si conta certamente il numero crescente di Stati che hanno abolito di fatto la pena di morte in questi ultimi anni. Alla fine degli Anni '80, non erano che due in questa posizione: le Seychelles (1976) e Capo Verde (1981); oggi sono 14. Ultimi per data, il Ruanda (2007), la Liberia (2005), il Senegal (2004) e la Costa d'Avorio (2000) hanno raggiunto Gibuti, le Mauritius e l'Africa del Sud (1995), la Guinea-Bissau e l'Angola (1992), il Mozambico, São Tomé e Principe e la Namibia (1990). Chi sarà il prossimo? Le recenti evoluzioni permettono di sperare in progressi significativi, ossia un'abolizione totale, in Mali, in Gabon così come in Burundi ed in Marocco.
Altra nota positiva: se nessun Paese dell'Africa del Nord, al contrario dell'Africa australe, ha ancora abolito la pena capitale, il dibattito sulla posizione di quest'ultima nell'Islam progredisce (solo due Paesi a maggioranza musulmana, la Turchia ed il Senegal, sono abolizionisti). E secondo l'associazione Insieme contro la Pena di Morte (ECPM), gli appelli alla moratoria hanno trovato un eco molto favorevole presso il Gran Mufti d'Egitto, Sheikh Ali Jomaa, e presso il predicatore della catena televisiva Al-Jazeera, il Dott. Youssef al-Qaradawi. D'altra parte, dall'altro lato, la pena capitale è tornata la norma in numerosi Paesi sotto la copertura della recrudescenza degli attentati islamisti dall'11 settembre 2001 – nonostante si applichi di rado. Le condanne si moltiplicano. Da due anni, secondo Amnesty International, hanno avuto luogo in almeno una quindicina di Paesi africani, come l'Algeria, il Benin, la Tunisia, il Burkina, il Burundi, il Kenya, la Libia, il Mali, il Marocco, la Nigeria, la Repubblica Democratica del Congo, il Togo… Ma anche nei Paesi – meno numerosi – che continuano ad applicare queste sentenze, in primo luogo la Nigeria ed il Botswana – che praticano sempre delle esecuzioni segrete -, l'Egitto, la Guinea Equatoriale, l'Uganda, la Somalia e, soprattutto, il Sudan, che detiene la palma africana con almeno 65 esecuzioni nel 2006, che lo piazzano al quarto posto mondiale – ex aequo con l'Iraq.
Inoltre, indipendentemente dai progressi recentemente registrati in materia, l'abolizione della pena di morte non resolve tutto. "Il continente africano è molto lontano dal continente asiatico, che registra dei record macabri di esecuzioni, in particolare la Cina, precisa Michel Taube, scrittore francese e fondatore di ECPM. Ma siamo malgrado tutto preoccupati per l'Africa a causa del numero di assassini extragiudiziari". Un'analisi che l'evoluzione recente della situazione in Ciad o in Kenya, in particolare, conferma."
Abolizionisti: Angola, Capo Verde, Costa d'Avorio, Gibuti, Guinea-Bissau, Mauritius, Mozambico, Namibia, Ruanda, São Tomé e Principe, Senegal, Seychelles, Sudafrica.
Abolizionisti di fatto (non eseguono sentenze capitali da almeno 10 anni; tra parentesi l’anno dell’ultima esecuzione): Benin (1993), Burkina Faso (1988), Camerun (1988), Congo Brazzaville (1982), Eritrea (non risultano esecuzioni dall’indipendenza del Paese nel 1993), Gabon (1985), Gambia (1981), Ghana (1993), Isole Comore (1997), Kenya (1987), Lesotho (1995), Liberia (2000), Madagascar (1958), Malawi (1992), Marocco (1993), Mauritania (1987), Niger (nessuna esecuzione o condanna a morte dal 1976), Repubblica Centrafricana (1982), Sierra Leone (1998), Swaziland (1982), Tanzania (1994), Togo (1978), Tunisia (1991), Zambia (1997).
Paesi che attuano una moratoria delle esecuzioni: Algeria, Mali.
Mantenitori: Botswana, Burundi, Ciad, Egitto, Etiopia, Guinea, Guinea Equatoriale, Libia, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan, Uganda, Zimbabwe.
In Ruanda, l'abolizione partecipa alla riconciliazione.
""La pena di morte non ha dissuaso la gente a prendere dei machete per massacrare i propri concittadini, è per questo che non siamo infastiditi dalla sua soppressione", dichiarava all'inizio del 2007 Théodore Simburudali, il presidente dell'Associazione di Difesa degli Interessi dei Superstiti del Genocidio (Ibuka). Qualche mese più tardi, il 25 luglio, il Ruanda è diventato il primo Paese della regione dei Grandi Laghi ad abolire la pena di morte, dopo numerose consultazioni popolari condotte dall'ottobre 2006.
L'abolizione, di cui il presidente ruandese e leader del Fronte Patriottico Ruandese (FPR), Paul Kagamé, si diceva un fervente partigiano, era anche un'esigenza del Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda che condizionava il trasferimento di alcuni sospetti alla giustizia ruandese.
Questa misura faro dello sforzo di riconciliazione nazionale ha riguardato direttamente circa 600 persone. Ma ha permesso anche, grazie ad un effetto a catena, di decongestionare le prigioni. In effetti, numerosi detenuti condannati ad una semplice pena d'incarceramento beneficiano da allora di una libertà condizionata."
L'abolizione, di cui il presidente ruandese e leader del Fronte Patriottico Ruandese (FPR), Paul Kagamé, si diceva un fervente partigiano, era anche un'esigenza del Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda che condizionava il trasferimento di alcuni sospetti alla giustizia ruandese.
Questa misura faro dello sforzo di riconciliazione nazionale ha riguardato direttamente circa 600 persone. Ma ha permesso anche, grazie ad un effetto a catena, di decongestionare le prigioni. In effetti, numerosi detenuti condannati ad una semplice pena d'incarceramento beneficiano da allora di una libertà condizionata."
Allego i link ad un articolo di Nigrizia che spiega brevemente il background giuridico di alcuni paesi africani ed alla voce “Uso della pena di Morte nel Mondo” di Wikipedia (qui i dati sull’Africa sono diversi da quelli di Nessuno Tocchi Caino… in realtà il Gabon ha abolito la pena capitale nell’ottobre 2007 – merito della conferenza organizzata a Libreville dalla Mongi? ;-P – e il Mali ha dichiarato che la sospenderà il 25 dicembre di quest’anno). I metodi di esecuzione più utilizzati sono la fucilazione e l’impiccagione, mentre il Sudan, in pieno stile “islamista retrogrado”, per alcuni tipi di reato prevede la lapidazione o la crocifissione (non sono sicurissima, ma, rimembrando i corsi di Diritto islamico, immagino la lapidazione per il crimine di adulterio e la crocifissione per il reato di apostasia).