Saturday, October 25, 2008

Egitto: nel nome del Padre... e del Figlio.



Nome Ufficiale: جمهورية مصر العربية (Repubblica Araba d'Egitto)
Capitale: القاهرة (Il Cairo. Il nome arabo significa "La Vittoriosa", ma la maggioranza degli egiziani chiama la città Masr, come il Paese, quindi per esempio esistono i quartieri di Masr el-Gedeeda – lett.: Egitto Nuovo – e Masr el-Qadeema – lett.: Egitto Vecchio. Che campanilisti!)
Superficie: 1.001.450 km²
Popolazione (2007): 75,4 milioni (fonte: World Bank). Su The Africa Report mi dicono che la densità (media) di popolazione del Paese è pari a 75 ab/ km². Sì, però secondo me dovrebbero fare una colonnina a parte con la densità di popolazione al Cairo… impressionante! 22 milioni di abitanti! (fonte: statistiche "ufficiose" 2004)
Popolazione urbana (2006): 42,8% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 19,6% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: arabo (dialetto egiziano)
Religione: Islam, Cristianesimo (Copti)
Gruppi etnici: Arabi, Berberi, Nubiani, Greci (in realtà il numero di expatriates è altissimo – basti pensare che nella sola Cairo ci sono circa 100.000 italiani)
PIL (2007): 127,9 miliardi USD (fonte: World Bank e IMF)
Indipendente dal Regno Unito dal 22 febbraio 1922, ma de facto fu governato da re-fantoccio fino al 18 giugno 1953, quando i cosiddetti Ufficiali Liberi proclamarono l'Egitto una repubblica retta dal Gen. Muhammad Naguib
Capo di Stato: Hosni Mubarak (in carica dalla morte del suo predecessore Anwar Sadat, assassinato durante una parata militare il 6 ottobre 1981)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Egitto

*flap eyelashes* Oooohhh! Ci sarebbero così tante cose da dire sull'Egitto di oggi, ma per "rallegrare" la vostra giornata vi voglio raccontare una storia di amore paterno.
È la storia di come Hosni "La Sfinge" Mubarak, dopo 27 anni e dico 27 anni di potere, stia cercando a tutti i costi di creare una dinastia ereditaria in Egitto, facendo eleggere suo figlio Gamal come Presidente della Repubblica e creando un precedente pericoloso per altri Paesi africani (adesso anche il senegalese Wade ha iniziato a pensarci… Bravo Hosni, sempre in anticipo sui tempi!)

Anche per gli standard di longevità dei governanti arabi, Hosni Mubarak è un caso particolare: è colui che ha governato l'Egitto più a lungo dai tempi di Mohammed Ali, il pasha di origine albanese che iniziò la dinastia che ha governato l'Egitto fino alla rivoluzione del 1952.
Con quella rivoluzione si pensava di terminare una tradizione dinastica che rimonta ai tempi dei Faraoni, ma oggi, grazie a Mubarak, l'Egitto è scosso dalla possibilità che la vecchia tradizione torni in auge attraverso l'elezione di suo figlio Gamal.
Nato nella provincia di Minufiya, nella regione del Delta del Nilo, Mubarak era un comandante dell'aeronautica conosciuto soprattutto per il suo ruolo di primo piano nella preparazione degli attacchi contro Israele nella Guerra dello Yom Kippur (all'epoca era Vice-Ministro della Guerra! Ad oltre 30 anni dalla Guerra dello Yom Kippur, i cartelloni elettorali lo raffigurano ancora giovane comandante dell'aeronautica con tanto di occhiali da top gun e ritocco di rughe e capigliatura… se non è culto della personalità questo…). La sua fama di eroe di guerra quindi convinse molti egiziani che il Paese arabo più popoloso sarebbe stato in mani sicure.
Dal momento che Sadat aveva già firmato gli Accordi di Camp David (uno dei principali motive del suo assassinio), a Mubarak non rimase che continuare la trasformazione economica dell'Egitto e gestire il massiccio flusso di aiuti occidentali (soprattutto statunitensi), la giusta ricompensa per aver fatto pace con Israele (l'unico Paese al mondo a ricevere dagli USA aiuti maggiori di quelli ricevuti dall'Egitto).
Privo del carisma dei suoi due predecessori, Mubarak è riuscito a mantenere finora un potere "assoluto" sul Paese tramite l'instaurazione della legge marziale all'indomani dell'assassinio del precedente presidente Anwar Sadat ad opera di un gruppo di fondamentalisti islamici facenti parte dell'esercito durante la parata commemorative della "vittoria" egiziana su Israele nella Guerra dello Yom Kippur, parata in cui, essendo seduto accanto a Sadat, anche lui aveva rischiato di essere ucciso (in proposito potete leggere il bellissimo Il Profeta e il Faraone di Gilles Kepel, edito da Laterza: credo il miglior studio sulla nascita -e la rinascita- del fondamentalismo islamico in Egitto).
27 anni dopo l'assassinio del Presidente Sadat e l'ascesa al potere del suo Vice-Presidente Hosni Mubarak, in Egitto vige ancora la legge militare, rafforzata ed indurita di tanto in tanto (ad esempio dopo un altro tentativo di assassinio ad Addis Abbeba nel 1995 ad opera di ufficiali del regime islamista allora al potere in Sudan).
L'ossessione di Mubarak per la sicurezza e ed il controllo politico sono costati all'Egitto in termini di governance e di welfare.
Le ondate di violenta militanza islamista sono una piaga del Paese, ma la pressione governativa sui militanti di tutte le correnti e sfumature, dai partiti islamisti non-violenti agli attivisti della società civile, ha effettivamente sgombrato la scena politica da qualsiasi opposizione significativa al presidente ed al suo Al-Hizb al-Watani al-Dimukrati (National Democratic Party – NDP).
Nel 2005, la ONG Freedom House ha stimato i diritti politici in Egitto a 6 (in una scala in cui 1 rappresenta la maggiore libertà e 7 la totale mancanza di libertà) e le libertà civili a 5, dando nel totale al Paese la classificazione di "Non Libero" ed aggiungendo che "nel 2005 l'Egitto ha assistito alle proprie elezioni presidenziali e legislative più trasparenti e competitive in oltre mezzo secolo e ad un dibattito pubblico sempre più sfrenato sul futuro politico del Paese." (link)
Nonostante le riforme economiche che hanno visto il 7% di crescita annuale del PIL dal 2005 (crescita largamente basata su settori non produttivi, come il turismo, l'edilizia e le telecomunicazioni), la privazione economica e sociale che ha fatto sollevare una violenta opposizione politica e civile è ancora molto evidente ed i critici di Mubarak dicono che il suo lascito sarà minimo. L'editore ed attivista per i diritti umani Hisham Kassem dice: "Stagnazione è la parola che userei [per descrivere il suo periodo al potere]. Il Paese aspettava un uomo che agisse. Mubarak piuttosto che guidarlo lo ha gestito su base quotidiana."
Malgrado per anni sia riuscito ad alzarsi al di sopra della mischia e a godere una deferenza pubblica considerevole nonostante la sua performance appannata, tutto ciò è cambiato con l'invasione dell'Iraq, quando le sue strette relazioni con gli Stati Uniti hanno nociuto alla sua popolarità. Le critiche hanno assunto un carattere sempre più personale e le sue risposte sono state seri provvedimenti contro la stampa e la pressione per cambiamenti della Costituzione che aumenteranno il monopolio dello Stato sul potere politico.

Il Presidente potrebbe appuntare le sue speranze su suo figlio per aiutarlo a riguadagnare la sua statura politica, ma il passato recente rema contro di lui. Dal 1952 ogni presidente egiziano è stato vice-presidente del suo predecessore, ma Mubarak, per ragioni su cui si è speculato a lungo, non ha mai nominato un vice-presidente. Invece Gamal, un civile, è stato catapultato in una posizione di potere nel partito di governo ed ha lanciato un efficace programma di riforme economiche.
Si iniziò a speculare su una possibile successione Mubarak-Mubarak nel giugno 2000, quando il siriano Bashar al-Asad subentrò al potere giusto poche ore dopo la morte del padre Hafez: tutto ciò fece sorgere un infuocato dibattito nella stampa egiziana sulle probabilità che un simile scenario potesse ripetersi in Egitto. Entrambi gli interessati hanno sempre negato questa possibilità, ma ultimamente i segni che questa sia effettivamente la volontà del presidente egiziano stanno diventando sempre più evidenti.

44 anni, laureato in Business Administration all'American University in Cairo, il minore dei due figli del Capo di Stato e di Suzanne Mubarak si atteggia a delfino.
Caro agli americani, con un percorso professionale nel settore bancario e finanziario (dopo la laurea presso la AUC, ha lavorato per la filiale egiziana della Bank of America, per poi essere trasferito presso la sede londinese e diventarne un executive, e per EFG-Hermès. Con alcuni colleghi ha poi fondato Medinvest Associates Ltd., che gestisce un fondo azionario privato, e si è affermato come consulente finanziario), Gamal Mubarak rappresenta l'ala riformatrice del regime e finora non ha occupato alcuna funzione ufficiale, se non quella di Vice-Segretario Generale. È però molto vicino al Primo Ministro Ahmed Nazif ed ai ministri incaricati del settore economico, in maggioranza formatisi presso università anglosassoni e provenienti da ambienti affaristici.
Per poter essere il candidato del NDP alle prossime elezioni presidenziali (previste per il 2011), doveva essere ufficialmente membro del comitato politico del partito da almeno un anno. L'ostacolo è stato aggirato lo scorso novembre con la fusione del comitato politico e della segreteria (di cui Gamal era membro) in un Consiglio Politico Supremo, del quale è ormai un membro ufficiale.
Inoltre, il suo matrimonio (celebrato il 4 maggio 2007 a Sharm el-Sheikh) con Khadiga el-Gammal, figlia del ricco uomo d'affari Mahmoud el-Gammal e laureata in management all'AUC, ha contribuito a renderlo più popolare.

Il 26 febbraio 2005, in previsione delle "libere e transparenti" elezioni presidenziali che si sarebbero tenute nel settembre dello stesso anno, il presidente ordinò di cambiare la Costituzione per permettere elezioni con diversi candidati, cosa che il Parlamento avvallò tramite l'emendamento dell'art. 76 della Costituzione. Questo cambiamento costituzionale è visto da molti analisti come un escamotage per permettere a Gamal Mubarak di ereditare la presidenza: la loro previsione è che Gamal Mubarak potrebbe essere uno dei candidati delle prossime elezioni presidenziali e che godrebbe di tutto il sostegno del partito di governo e dei media controllati dal governo. Gli altri candidati di un certo livello sarebbero dequalificati dalla People Assembly (una delle due camere del parlamento, controllato dal NDP), lasciando in corsa solo i candidati meno popolari. In questo modo, l'ereditarietà del potere avverrebbe in maniera "democratica".
Nonostante la diffusissima opposizione alla successione ereditaria, alcuni sporadici sostenitori sostengono che questo sarebbe l'unico modo di dare al Paese il suo primo presidente civile (non proveniente dall'esercito) e finalmente terminare gli oltre 50 anni di monopolio dell'esercito sulla presidenza egiziana, iniziato con il colpo di Stato militare del 1952 che rovesciò la monarchia nel 1953, ma l'opposizione preferisce comunque altri civili molto popolari.

L'establishment militare da cui Mubarak senior proviene rimane una forza politica potente, ma opaca, e di certo intende continuare la tradizione di fornire il presidente al Paese, magari attraverso due figure di un certo peso nella vita politica egiziana come il capo dei servizi segreti Omar Suleiman o il Ministro della Difesa Mohammed Hussein Tantawi, entrambi però settantenni e quindi in una posizione di svantaggio rispetto al più giovane Gamal.
Gli egiziani non avranno molta scelta su chi governerà, ma la maggior parte di essi ha una forte avversione per il potere ereditario.
Molti egiziani non sono contrari a priori all'elezione di Gamal Mubarak, ma si oppongono veeementemente all'idea che il potere diventi ereditario e che si torni alla vecchia tradizione dinastica che per oltre 3000 ha governato il Paese.
Come mi disse un amico l'anno scorso: "We are not a kingdom and he's not a Pharaoh".


Per la Mente (Libri). Se siete particolarmente interessati all'Egitto, la potrete integrare con quelli che avevo inserito a conclusione del post Whatever happened to Egyptians?* del 23 settembre:
Qasr al-Shawq (Naguib Mahfouz – IT: Il palazzo del desiderio);
Bayn al-Qasrain (Naguib Mahfouz – IT: Tra i due palazzi);
Al-Sukkariyah (Naguib Mahfouz – IT: La via dello zucchero);
Yawm Maqtal al-Za’im (Naguib Mahfouz – IT: Il Giorno in cui fu ucciso il Leader);
Mawt al-Rajul al-Wahid (Nawal el-Saadawi – IT: Dio muore sulle rive del Nilo);
Imra’a ‘ind Nuqtat al-Sifr (Nawal el-Saadawi – IT: Firdaus. Storia di una donna egiziana);
Al Ayyam (Taha Hussain - IT: I giorni);
Emarat Yacoubian ('Ala al-Aswani – IT: Palazzo Yacoubian);
Shikagu ('Ala al-Aswani – IT: Chicago -> qui la recensione di Stefania);
Taxi (Khaled al-Khamissi – IT: Taxi, le strade del Cairo si raccontano);
Zayni Barakat (Gamal al-Ghitani – IT: Zayni Barakat. Storia del Gran Censore della città del Cairo);
Hadith nusf al-mitr (Sabri Musa - IT: L'incidente del mezzo metro. Mannaggia a me che dopo aver vagato per una settimana nel mercato dei libri usati di Atabba per trovare la versione in arabo l'ho regalato!);
L’Egypte nassérienne (Samir Amin);
Accumulation on a World Scale (Samir Amin);
Le développement inégal (Samir Amin);
Spectres of capitalism: a critique of current intellectual fashions (Samir Amin);
Mondialisation, comprehendre pour agir (Samir Amin);
Obsolescent Capitalism (Samir Amin);
The Liberal Virus: Permanent War and the Americanization of the World (Samir Amin);
Women and Gender in Islam: Historical Roots of a Modern Debate (Leila Ahmed);
Parias. Gays and lesbians in the Arab world (Brian Whitaker. Scusate, ma questo è il mio campo d'interesse. Ero tentata di leggerlo già da tempo, ma ora vedo che è consigliato anche da Qantara, la rivista dell'Institut du Monde Arabe, quindi…);
Egypte. L'envers du décor (Sophie Pommier);
Ti ho amata per la tua voce (Selim Nassib, autore libanese racconta la storia della "stella d'Oriente" Umm Khulthum e dell'Egitto dalla monarchia all'epoca di Sadat. Non so quale sia il titolo originale, ma in Italia si trova presso le Edizioni e/o. Davvero, leggetelo! Io l'ho trovato commovente, ma anche se non conoscete molto la figura di Oum Khulthum secondo me vi appassionerete…);
Dossier: L'Egypte sous pression (Politique Africaine n. 108, dicembre 2007, Ed. Karthala: qui trovate degli estratti)


Per le Orecchie (Musica): Umm Khulthum, "la stella d'Oriente"
Mohamed Mounir, "il re"
Natacha Atlas
Dalida
Hakim
Sayed Darwish
Mohamed Abdel Wahad
Abdel Halim Hafez
Farid el-Atrash
Mohamed Fouad
Amr Diab
Ehab Tawfiq
Hani Shaker
Hisham Abbas
Shaaban Abdel Rahim, quello della "canzone contro Israele"
Ruby
Shireen Wagdy
Tamer Hosny
Amira Salah (questa sarà un po' difficile da eMulizzare: è un'amica mia, ma è anche una bravissima musicista. Anzi, mi dicono dalla regia, una delle migliori suonatrici di qanoun in Egitto…)
Wust al-Balad, band fusion: bravissimi!


Per gli Occhi (Cinema). Preparatevi ad un'invasione di film nella lista. Gli "studios" egiziani (Misr Studio) sono molto antichi e prolifici ed hanno dato al cinema internazionale diversi registi ed attori di indiscussa fama e bravura:
Iskandariyah leh? (Youssef Chahine - EN: Alexandria… why?; FR: Alexandrie… pourquoi?. Essendo il film più famoso negli oltre 50 anni di carriera di Chahine, credo si trovi anche in italiano, con il titolo Alessandria… perché? Io sono molto legata a questo film, che sembra un po' fare capolino nella mia vita ogni tanto, e vi consiglio di vederlo);
Hadduta Masriyah (Youssef Chahine - EN: An Egyptian Tale; FR: Une histoire égyptienne);
Iskandariyah kaman wa kaman (Youssef Chahine - EN: Alexandria again and again; FR: Alexandrie encore et toujours. Anche questo non so se esista in italiano…);
Iskandariyah – New York (Youssef Chahine - EN: Alexandria-New York; FR: Alexandrie-New York. Questo è uno degli ultimi film di Chahine, girato nel 2004, ed è il capitolo finale del "quartetto autobiografico": a mio avviso non uno dei migliori, ma l'ho messo per completezza);
Wadaan Bonabart (Youssef Chahine - FR: Adieu Bonaparte. Interessante, sulla campagna d'Egitto napoleonica);
Al-Massir (Youssef Chahine - EN: The Destiny; FR: Le déstin; IT: Il destino. Questo sono sicura che si trova in italiano, perchè io l'ho visto in italiano. È la storia del filosofo Averroé nell’Andalusia del XII secolo);
Al-Mohager (Youssef Chahine - EN: The Emigrant; FR: L'émigrant. Racconta la storia del profeta Giuseppe, figlio di Giacobbe. Per questo film Chahine ebbe molti problemi con i fondamentalisti);
Bab al-Hadid (Youssef Chahine - EN: Cairo Station);
Al-Asfour (Youssef Chahine - EN: The Sparrow. Non so se si trova in italiano, comunque parla della Guerra dei Sei Giorni tra Egitto ed Israele);
Al Nasser Salah ed-Din (Youssef Chahine - EN: The Victorious Saladin. La sceneggiatura è stata scritta dal Premio Nobel per la Letteratura Naguib Mahfouz e nella figura del Saladino molti vedono un ritratto dell'ex-Presidente Gamal Abdel-Nasser);
Al-Medina (Youssri Nasrallah - EN: The City; FR: La ville. Gran parte del film si svolge a Parigi. Molto bello, con Roshdy Zem e Bassem Samra. Prima di intraprendere la sua carriera da regista, Nasrallah è stato aiuto-regista di Chahine per vari anni);
Bab al-Shams (Youssri Nasrallah - EN: The Gate of Sun; FR: La porte du soléil. Film famosissimo, tratto dal romanzo di Elias Khoury ed ambientato in Libano e Siria: tratta della questione palestinese);
Zawgat Ragul Mohim (Mohamed Khan - EN: The Wife of an Important Man);
Ahlam Hind wa Kamilia (Mohamed Khan - EN: Dreams of Hind and Kamilia);
Ayyam al-Sadat (Mohamed Khan - EN: Days of Sadat. Film sulla vita dell'ex-Presidente Anwar Sadat, interpretato dal più grande attore egiziano, il fu Ahmed Zaki);
Sahar al-Layali (Hani Khalifa - EN: Sleepless Nights);
Awkat Faragh (Mohamed Mostapha - EN: Free Times);
Emarat Yacoubian (Marwan Hamed - Palazzo Yacoubian… è uscito in Italia, giusto?! Il film più costoso nella storia del cinema egiziano, tratto dal best-seller di Al-Aswani… beh, una gran delusione! Salvo solo Adel Imam -per una volta- e quello che interpreta Hatem, il giornalista gay);
Hassan wa Morkos (Ramy Imam - attualmente nelle sale, una specie di "commedia degli equivoci" con Adel Imam ed Omar Sharif… mi sa che mo' me lo vado a vedere e vi faccio sapere…);
Ein Shams (Ibrahim el-Batout - EN: Eye of the Sun)


Per la Bocca (Cibo):
Koshari (penso sia il piatto tipico nazionale, addirittura degli amici mi avevano spiegato che risale al tempo dei Faraoni… Comunque si tratta di un piatto molto sostanzioso, fatto con riso, lenticchie, ceci, maccheroni –scotti – ed una salsa piccante al pomodoro e poi guarnito con aglio e cipolla fritti nell'olio. 'Na bbotta de vita! Detto così non sembra, però è buono… ed è anche economico! Un piatto come quello che si vede nella foto costa sulle 2 ghinee (circa 0,25 euri);
Mulukhiyah (una zuppa fatta con un'erba dello stesso nome: buona, ma non è esattamente tra i miei piatti preferiti a causa della consistenza viscida e collosa);
Ful medammes (la mia colazione tipica ;-) : fave parzialmente schiacciate e cotte con tantissimo olio, cipolla, aglio e succo di limone. Poi di solito ci aggiungono la tahina, cioé una salsa di sesamo vagamente amarognola. Si mangiano con il pane tradizionale, l'eish (in arabo = vita). In arabo "pane" si dice "khubz": personalmente trovo magnifico che gli egiziani lo chiamino "vita");
Taameyah (sono praticamente le famosissime falafel, ma vengono fatte con fave invece che ceci… ed anche un sacco di aglio!);
Bastrami (manzo marinato essiccato);
Bassbousah (un dolce buonissimo fatto con semolino, burro, latte e yoghurt e coperto da sciroppo e granella di pistacchi);
Umm Ali (una specie di tortina all'uvetta annegata nel latte);
Erfah (infuso di cannella, dall'arabo qerfah = cannella); Sahlab (una bevanda calda buonissima fatta con latte, amido di riso o grano, uva sultanina e pezzetti di mandorla);
'Asir al-Hasab (succo di canna da zucchero, spremuta al momento).
Vi risparmio il racconto di altri piatti tipici un po' più "estremi" che ho molto apprezzato (no, sul serio!).


Per il Cuore (Arte):
Youssef Nabil
Susan Hefuna
Ghada Amer
Ahmed Askalany
Rehab el-Sadek
Amina Mansour

Blogs:
Donkeys, Elephants and Crocs: le elezioni americane viste dai bloggers egiziani;
The Sandmonkey;
Bab Al Shams;
Egyptian Chronicles;
Manal & Alaa’s bit bucket;
Baheyya: Egypt Analysis and Whimsy;
Fustat;
Salam(e)lik, già Sherif’s Blog: blog del giornalista Sherif el-Sebaie, in italiano



colonna sonora: Che Guevara (Wust al-Balad)

Wednesday, October 22, 2008

Côte d'Ivoire, le elezioni dei rancori.


Nome Ufficiale: République de Côte d'Ivoire (nonostante il nome ufficale sia diventato Côte d'Ivoire in tutte le lingue, io nel post continuerò a chiamare il Paese Costa d'Avorio - semplicemente per la mia pigrizia nel metter gli accenti)
Capitale: Yamoussoukro (sempre perché ho studiato geografia sui libri degli Anni '70, io ero convinta che la capitale fosse Abidjan…)
Superficie: 322.460 km²
Popolazione (2007): 18,4 milioni (fonte: World Bank)
Popolazione urbana (2006): 45% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 51,3% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: francese (ufficiale), dioula, baoulé, bété, senoufo…
Religione: Cristianesimo, Islam
Gruppi etnici: Senoufo, Dan, Agri, Beté, Baoulé, Dioula, Malinke…
PIL (2006): 19,5 miliardi USD (fonte: World Bank e IMF)
Indipendente dalla Francia dal 7 agosto 1960
Capo di Stato:
Laurent Gbagbo (in carica dalle elezioni presidenziali del 22 ottobre 2000)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Costa_d'Avorio

Il 2008 era stato indicato da ribelli ed ufficiali filo-governativi come l'anno della riunificazione dopo oltre cinque anni di divisioni, giusto completamento del processo di pace iniziato con l'accordo firmato il 4 marzo 2007 a Ouagadougou dal Presidente Laurent Gbagbo e dal rappresentante delle Forces Nouvelles (FN) Guillaume Soro, attuale Primo Ministro.
Questo documento prevedeva l'identificazione dei numerosi sans papiers che vivono nel Paese, la spedizione di carte d'identità e l'aggiornamento delle liste elettorali in vista di un' "elezione presidenziale democratica e trasparente". Inizialmente prevista per gennaio 2008, la consultazione elettorale era stata rimandata sine die, ma, in un'intervista esclusiva a Jeune Afrique (n. 2490), Guillaume Soro conferma che la data delle elezioni è stata fissata al 30 novembre prossimo (qui il link all'intervista originale in francese; per chi volesse una traduzione in italiano, potete chiedermela ed in un paio di giorni ve la invio per e-mail. Comunque, pur non condividendo tutte le sue idee, trovo Soro un personaggio molto affascinante. Ho deciso, da grande voglio diventare anch'io come lui!)
Le elezioni si presentano già infuocate, dato che tra i candidati non corre esattamente buon sangue.
I tre candidati alla presidenza della Costa d'Avorio sono Laurent Gbagbo (63 anni), l'ex-Presidente Aimé Henri Konan Bédié (74 anni) e l'ex-Primo Ministro Alassane Dramane Ouattara (66 anni).
Tre leader, tre scuole politiche ed una poltrona. La corsa è incontestabilmente serrata.
Quando nell'ottobre 2000, nel quartier generale del suo comitato elettorale di Cocody ad Abidjan, il candidato socialista del Front Populaire Ivoirien (FPI) si autoproclama Presidente della Repubblica di fronte al Gen. Robert Gueï che aveva annunciato la sua vittoria, Laurent Gbagbo sapeva di rischiare grosso: sapeva che questo bluff poteva o essergli fatale o essere la fine del suo status di oppositore. Allora, quel giorno, ha selezionato le parole, pesato le frasi e lanciato agli ivoriani, per la prima volta nella storia del Paese, l'idea di un'insurrezione popolare: "Chiedo a tutti i militanti di alzarsi per fare da barriera all'impostura. Chiedo che in tutte le città della Costa d'Avorio ed in tutti i quartieri, i patrioti scendano in strada fino a che il diritto sia riconosciuto, fino a che il generale faccia marcia indietro." Gbagbo aveva sentito che la sua ora era venuta e, dal 26 ottobre 2000, è il Presidente della Costa d’Avorio eletto in “condizioni di calamità”. E vuole restarlo, ripresentandosi per un altro mandato.
Malgrado la situazione di crisi politico-militare verificatasi nel paese dal 2002 con la ribellione condotta da Guillame Soro, Gbagbo si è impegnato a rifinire le sue ambizioni, di modo che oggi i rapporti di forza sul fronte politico pendano leggermente in suo favore. Al termine di otto anni di presidenza, questo presidente “atipico”, storico di formazione, che detiene il record di durata al Palazzo Presidenziale (escludendo il defunto Félix Houphouët-Boigny), dorme sonni tranquilli sul confortevole materasso finanziario rappresentato dai 55 miliardi di franchi CFA accordati annualmente al Capo di Stato della Costa d’Avorio. Tutto ciò, unito ad una visione “personalistica” dell’economia, gli ha permesso di rendere il FPI una vera macchina da guerra che spazza via tutto al proprio passaggio. Parecchi militanti e quadri di altre formazioni politiche hanno cambiato bandiera ed attualmente militano nel partito del presidente. Gbagbo intende appoggiarsi a queste personalità che hanno dato una forma alla Costa d’Avorio di oggi (la più importante delle quali è Laurent Dona Fologo, attualmente presidente del Conseil Economique et Social e più volte ministro nei diversi governi di Houphouët-Boigny). Un altro elemento messo in funzione per favorire la sua vittoria è il Congrès National de la Résistance pour la Démocratie (CNRD), composto essenzialmente da sindacati, partiti politici ed associazioni. Laurent Gbagbo ha piazzato i quadri del suo partito a capo di tutte le strutture dello Stato e degli organismi parastatali, nonché delle maggiori imprese private ivoriane tramite prestiti emessi dalla Banque Nationale d’Investissement (BNI) diretta da Victor Silué Nembelessini, molto vicino a sua moglie, l’influente Simone Gbagbo.
Aldilà delle considerazioni strategiche, Laurent Gbagbo gode di un reale capitale affettivo in seno ad una parte della popolazione: la sua spontaneetà, il suo parlare in maniera franca, la sua “desacralizzazione” della funzione presidenziale… per molti ivoriani Gbagbo è “uno di loro”. Inoltre, un altro dei suoi punti di forza, è il fatto di essere riuscito a far credere a buona parte della popolazione che la lotta che viene condotta contro di lui non è altro che un tentativo di ricolonizzazione della Costa d’Avorio da parte della Francia e si è sforzato a più riprese di riportare la crisi ivoriana in un’idea di lotta per il nazionalismo africano, presentandosi come l’erede della grande tradizione decolonialista africana. A tal proposito, basta dare un’occhiata al sostegno che arriva a Gbagbo dall’estero: suoi “partigiani” sono Lansana Conté della Guinea, il presidente angolano José Eduardo dos Santos, il maliano Alpha Oumar Konaré (ex-Presidente del Mali e dell’Unione Africana), la Guida libica Qaddafi e l’ex-presidente sudafricano Thabo Mbeki.
I suoi rapporti con la Francia, che continua a giocare un ruolo fondamentale nella gestione economico-politica delle sue vecchie colonie, sono invece piuttosto ambigui, ma sembrano comunque essersi distese da quando ad occupare l’Eliseo è Nicolas Sarkozy.
Il più anziano tra i candidati, Aimé Henri Konan Bédié, ha dimostrato durante la sua carriera di essere l’immagine della fenice, che rinasce dalle sue ceneri. Durante la sua presidenza, iniziata nel 1993 in seguito al decesso del Presidente Félix Houphouët-Boigny, si è avuto il primo putsch militare del paese, diretto dal defunto generale Robert Guëi, che venne accolto come un eroe dalla folla giubilante. Nessun analista poteva prevedere che dopo il 24 dicembre 1999 ci sarebbe stato ancora posto per lui sullo scacchiere politico nazionale. Nel 2001, due anni dopo la sua caduta, ha definitivamente adottato una logica di riconquista del potere, che, secondo lui, gli spettava di diritto essendogli stato consegnato dal “padre dell’indipendenza” Houphouët-Boigny poco prima della propria morte. Da allora, cerca in tutti i modi di tornare a capo del paese ed il prossimo scrutinio è la sua ultima chance di presentarsi, prima di superare il limite d’età stabilito dalla Costituzione. In quest’ottica, la sconfitta non è ammessa da quest’uomo, che, prima di dirigere il Paese e fomentare l’odio interetnico con la sua enfatizzazione dell’ivoirité (la pura razza ivoriana, se mi passate l’espressione) e le leggi volte a reprimere il potere politico di ivoriani di origine straniera (soprattutto burkinabé, che in Costa d’Avorio sono sempre stati molto numerosi) e militari, ha dedicato tutta la vita all’impegno politico. Bédié è stato il primo ambasciatore negli Stati Uniti ed in Canada, poi, dal 1966 al 1977, ha diretto il Ministero degli Affari Economici e Finanziari, diventando in seguito deputato e sindaco di Daoukro e, a partire dal 1980, Presidente dell’Assemblea Nazionale. Un ciclo concluso con la presidenza della Repubblica di Costa d’Avorio, ma che Bédié, attualmente presidente del Parti Démocratique de Côte d’Ivoire – Rassemblement Démocratique Africain (PDCI-RDA), vuole riaprire. Per contrastare il FPI al potere, Bédié denuncia la disuguaglianza sociale, la concussione ed il nepotismo ai più alti livelli dello Stato e le sue prese di posizione hanno spesso personalizzato il dibattito politico, lanciando attacchi diretti unicamente a Laurent Gbagbo. Per attuare il suo piano di riconquista del potere, l’ex-Presidente della Repubblica ha riattivato i suoi comitati all’estero e si è circondato di personaggi di caratura internazionale, primo fra tutti Daniel Kablan Duncan, ex-Primo Ministro e persona dalla reputazione di uomo onesto e determinato.
Nonostante la repressione politica ed il clima di violenza istituzionale del periodo, oggi molti ivoriani rimpiangono l’“era Bédié”, un’epoca certo segnata da tensioni quotidiane, ma non da “squadroni della morte”, assassini politici e ribellione. Bédié ed i suoi partigiani stimano che il suo percorso politico sia stato deviato in maniera iniqua e forzata e la sua vittoria le presidenziali sarebbe, in definitiva, il giusto ritorno alla normalità. La realtà, però, è cambiata e, nonostante Bédié – malgrado le critiche contro la sua passata presidenza – goda ancora di un grande favore presso l’etnia Akan (che rappresenta circa il 40% della popolazione), il PDCI-RDA non è più al potere da 9 anni e le finanze del partito, un tempo rimpinguate dalle casse di Stato, restano insufficienti per fronteggiare il partito di Gbagbo e fare una campagna alla sua altezza per sperare di vincere le presidenziali. Ciononostante, la stanchezza degli ivoriani nei confronti della guerra e la constatazione della crescente pauperizzazione del loro Paese potrebbero essere dei fattori a suo vantaggio.
Ma la partita non è ancora chiusa, perchè le voci dell’opposizione si dividono tra Bédié ed il Rassemblement des Républicains (RDR) di Alassane Dramane Ouattara.
Il RDR ha partecipato finora ad una sola elezione: le municipali del 2004, che ha vinto davanti al PDCI ed al FPI.
Ouattara, oltre al suo entourage di 21 politici di alto valore, può contare anche sulle sue relazioni internazionali, che potrebbero costringere il regime ivoriano ad organizzare un'elezione veritiera, trasparente e democratica. A Parigi le cose sono cambiate dalla partenza del Presidente Jacques Chirac nel 2007: i legami affettivi tra Houphouët-Boigny e Chirac quasi obbligavano quest'ultimo a preferire Bédié rispetto agli altri candidati: comunque Houphouët-Boigny era stato sei volte ministro durante la IV Repubblica e ministro di Stato nel 1958 in Francia… mica pizza e fichi!
Da parte sua, Ouattara era considerato un atlantista dai collaboratori di Chirac, ma, ciononostante, ha potuto tessere una buona rete di connessioni all'interno della classe politica francese: una "rubrica" riempita nel tempo passato come Primo Ministro della Costa d'Avorio dal 1990 al 1993, poi come direttore generale aggiunto al Fondo Monetario Internazionale con il francese Michel Camdessus come direttore generale. Inoltre, è amico di lunga data del presidente francese Nicolas Sarkozy, cosa che ha portato i suoi sostenitori a decretare che Ouattara ha la vittoria in pugno.
Alassane Dramane Ouattara ha anche amici miliardari, come Vincent Bolloré e Martin Bouygues in Francia e Georges Soros negli Stati Uniti, ma è soprattutto in Africa che conta numerosi sostenitori, come il presidente gabonese Omar Bongo, il burkinabé Blaise Compaoré, la liberiana Ellen Johnson-Sirleaf e l'ex-segretario generale dell'ONU, il ghanese Kofi Annan.
Quando diventò Primo Ministro nel 1990, un rapporto della Banca Mondiale indicava che "il 10% di privilegiati si accaparrava il 43% delle ricchezze" del Paese. Ouattara rimise velocemente gli ivoriani in carreggiata: obbligò i baroni del PDCI a pagare le tasse, ridusse drasticamente il carrozzone statale. E beneficiò di un opinione favorevole in seno alla popolazione. Ma questo esercizio di salubrità pubblica non piacque a tutti, a cominciare dai membri del suo partito, il PDCI. Inoltre, la voce che Houphouët-Boigny, che aveva modificato 17 volte l'articolo 11 della Costituzione per permettere a Bédié di succedergli, desiderasse affidare la propria successione a Ouattara, non fece che aggiungere legna al fuoco.
Alla morte di Houphouët-Boigny, con Bédié presidente, il PDCI mise pubblicamente in causa la nazionalità di Ouattara: i media si scagliarono contro "ADO il mossi" (la principale etnia del vicino Burkina Faso), l'amministrazione del PDCI-RDA lo accusò di aver imbrogliato sulla sua nazionalità ivoriana. Iniziò allora una guerra giuridica. All'epoca, e a più di 80 anni, la madre di Ouattara, Hadja Nabintou Cissé, venne sottoposta dalla polizia ad un interrogatorio di oltre quattro ore con la questione ricorrente "Alassane Ouattara è davvero suo figlio?". L'ultima frontiera della morale politica.
Fu proprio per sbarrargli la strada delle presidenziali del 1995 che Henri Konan Bédié inventò il concetto di ivoirité, la cui conseguenza è stat oil degradamento del clima sociopolitico. Inoltre, accusò Ouattara di aver progettato un colpo di Stato "dolce" per prendere il suo posto alla morte di Houphouët-Boigny e lo minacciò di arresto per "insubordinazione". Infine Bédié lo accusa di essere anche dietro il putsch che l'ha cacciato dal potere nel 1999.
Il socialista "oppositore storico" Laurent Gbagbo ha anch'egli dei conti in sospeso con Bédié e Ouattara: quando era stato arrestato nel 1991 nel corso di una marcia di protesta, i due uomini erano rispettivamente Presidente dell'Assemblea Nazionale e Primo Ministro.
Oggi, Bédié e Ouattara sono uniti nel denunciare il regime di Gbagbo, colpevole, secondo loro, del carnaio scoperto nel 2000 nella comune di Yopougon vicino Abidjan (57 corpi, per la maggior parte crivellati di pallottole) e soprattutto del deterioramento della vita politica. Lo accusano inoltre di aver cercato di assassinarli durante i moti del 19 settembre 2002, data dello scoppio della crisi politico-militare, ma di non essere riuscito nell'intento solo perché i due si erano rifugiati presso dei diplomatici.
Aldilà di questi rancori, saranno tre scuole politiche ad affrontarsi: quella degli "ereditieri" incarnati da Henri Konan Bédié, quella degli oppositori di lunga data che a volte hanno pagato con la vita simboleggiati da Laurent Gbagbo ed infine la scuola di coloro che hanno appreso la pratica democratica in Occidente, i cosiddetti "tecnocrati", rappresentati da Alassane Ouattara.
Sarà interessante vedere che piega prenderanno le alleanze nel caso di un secondo turno di voto… Se eventualmente Gbagbo non andasse al secondo turno, Alassane Ouattara non potrebbe comunque contare sui voti del FPI. Ouattara e Bédié sono alleati nel quadro di una piattaforma politica chiamata Rassemblement des Houphouëtistes pour la Démocratie et la Paix (RHDP), quindi, a meno di giochi sporchi da parte di Bédié, nel caso il secondo turno di votazioni fosse tra Gbagbo e Ouattara, quest'ultimo dovrebbe ricevere i voti del PDCI.
E Soro? Avendo avuto rapporti stretti con tutti e tre i candidati, finora il Primo Ministro non si è sbilanciato, ma presto dovrà prendere una posizione. Staremo a vedere…
Per ora… si accettano scommesse.

Per la Mente (Libri):
Les soleils des indépendances (Ahmadou Kourouma, non so se questo libro è stato tradotto in italiano);
En attendant le vote des bêtes sauvages (Ahmadou Kourouma, questo libro è stato pubblicato in italiano – se non sbaglio dalle edizioni e/o – con il titolo Aspettando il voto delle bestie selvagge);
Allah n'est pas obligé (Ahmadou Kourouma, anche questo libro è stato pubblicato in italiano dalle edizioni e/o – credo – con il titolo Allah non è mica obbligato);
Carnets de prison (Bernard Binlin Dadié);
Climbié (Bernard Binlin Dadié);
Une vie de crab (Tanella Boni);
Matins de couvre-feu (Tanella Boni);
Elle sera de jaspe et de corail (Werewere Liking);
La mémoire amputée (Werewere Liking)

Per le Orecchie (Musica): la musica ivoriana è attualmente una delle più quotate del continente e le nuove tendenze (zouglou e, soprattutto, coupé-décalé) vengono ormai "copiate" in molti altri Paesi dell'Africa Nera. Ma anche il reggae ivoriano va molto forte, graze alle star Alpha Blondy e Tiken Jah Fakoly, conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo.
Alpha Blondy
Tiken Jah Fakoly
Magic System (vi giuro, sono passata indenne da tutte le varie "manie da boyband": Take That, Backstreet Boys, 'Nsync mi hanno lasciato completamente indifferente, ma loro… li ADORO! Saaaaraaaa, il CIDDÌ!!!)
Dobet Gnahoré
Douk Saga
Espoir 2000
Jean-Jacques Kouamé
Ernesto Djédjé
Aïcha Koné
Yelemba D'Abidjan
Le Zagazougou
Angelo
Zo Gang

Per gli Occhi (Cinema):
Adanggaman Roi Nègre (Roger Gnoan M'Bala);
Au nom du Christ (Roger Gnoan M'Bala);
Bouka (Roger Gnoan M'Bala);
Le 6ème doigt (Henri Duparc);
Caramel (Henri Duparc);
Wariko, le gros lot (Fadika Kramo-Lancine)

Per la Bocca (Cibo):
Kedjenou (salsa speziata di carne ed ortaggi);
Yam al forno (con uova, burro, noce moscata e cannella);
Calalou (zuppa di verdure e carne di manzo, pollo o pesce);
Aloko (banane fritte)

Per il Cuore (Arte):
Gilbert G. Groud


colonna sonora: Bouger Bouger (Magic System)


Saturday, October 18, 2008

Silenzio, mutiliamo delle bambine.

A N'Djamena come nel resto del Paese, molti genitori fanno escidere le loro giovani figlie prima che una legge che reprime questa pratica consuetudinaria entri in vigore.

N'Djamena Bihebdo (Syfia) – N'Djamena
Mamadou Bineta


"Quartiere Am-riguebé, a N'Djamena, la capitale del Ciad. Questa mattina, Zenab, 9 anni, e sua sorella Bébé, 7 anni, non andranno a scuola. Così ha deciso Khadidja, la loro madre. Poco prima delle 7, Mariam, borsa a tracolla, arriva e si dirige verso una stanza le cui aperture sono state nascoste con delle tende bianche. Mariam è una delle numerose exciseuses clandestine che ancora esercitano in questo Paese. Durante l'intervento, nuda, seduta su un tappeto di fronte all'exciseuse, Bébé chiude gli occhi e stringe i denti per contenere il dolore. All'entrata, delle donne intonano una canzone e snocciolano una lista di regali che riceverà se non piange. Arriva il turno di Zenab. Come sua sorella minore, riesce a soffocare il suo pianto. Ogni mese, Mariam mutila una decina di bambine.
Molti genitori che, come Khadidja, difendono le mutilazioni genitali femminili (MGF) in nome della tradizione si affrettano a far escidere le loro figlie prima che la giustizia ciadiana cominci a perseguire autori e complici di questa pratica. Una legge adottata nel 2002 proibisce in effetti la tortura ed i trattamenti crudeli, inumani o degradanti sul corpo umano in generale e sugli organi di riproduzione in particolare. Sono così colpite "tutte le forme di violenza come le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni precoci, le violenze domestiche e le violenze sessuali". Il decreto d'applicazione di questa legge, ancora non promulgata, dovrebbe precisare le sanzioni in cui incorrono i contravvenenti. Una disposizione del preambolo della Costituzione Ciadiana del 1996, rivista nel 2005, stipula che la persona umana è sacra e che ogni persona ha il diritto di godere della propria integrità fisica e morale.
Dal 2002, il Comitato Nazionale di Lotta contro le Pratiche Tradizionali Dannose per la Salute della Donna e dei Bambini ha formato numerosi giovani (ragazzi e ragazze) come educatori. Nelle regioni in cui l'escissione è molto diffusa, essi spiegano agli altri adolescenti le conseguenze nefaste delle MGF e la legge che le vieta. Il Comitato in questo modo organizza degli "scambi franchi tra escisse e non escisse". "Dato che sono sensibilizzate contro l'escissione, le ragazze di più di 10 anni rifiutano di sottomersi [a questa pratica – nt]", sostiene la Dott.ssa Mariam Alladoumgué Djimounta, presidente del Comitato. I genitori favorevoli all'escissione, che avevano preso l'abitudine di intervenire all'inizio della pubertà (12-14 anni), con il pretesto di "preparare la figlia al matrimonio", si voltano su quelle di meno di 10 anni: esse costituiscono dei bersagli più facili.
"Sono stata escissa e sono madre di 12 figli senza aver avuto il minimo problema", dichiara Mariam, l'exciseuse, per la quale "gli Occidentali gridano contro questa pratica semplicemente perché essa non fa parte della loro cultura." Zara, 22 anni, non è assolutamente dello stesso avviso. La sua escissione è andata molto male. Stava per morirne. Se ne ricorda con emozione. "Ho perduto molto sangue quell giorno. Mia zia si è preoccupata, ma non poteva portarmi all'ospedale per paura che le creassero dei problemi."
Secondo l'UNICEF, le emorragie e le infezioni che seguono questo genere d'intervento possono essere mortali. In oltre, le donne escisse rischiano di conservare gravi conseguenze: dolori atroci, incontinenza, ulcere alle zone genitali, sterilità, parti difficili, ecc. Alcuni sostengono a torto che l'escissione è prevista dal Corano. D'altra parte, il 61% delle donne musulmane sono escisse contro il 31% delle cattoliche. Nel sud-est del Paese, tra le etnie per cui l'escissione è una consuetudine, oltre nove donne su dieci subiscono questa pratica.Comunque, con la campagna di sensibilizzazione condotta da più di cinque anni dap arte delle associazioni, dei ciadiani attualmente esprimono liberamente la propria opposizione alle MGF, come Zara, che, alludendo a coloro che invocano l'Islam per giustificare questa pratica che stava per causare la sua morte, sbotta: "Di grazia, che non ci raccontino sciocchezze! Le mie figlie non saranno mai escisse!" L'informazione fa ancora fatica a circolare. Pochi ciadiani sono abbastanza istruiti da sapere cosa significa una legge, analizza Rosine Baïwong Amane, coordinatrice della Cellula di Connessione ed Informazione delle Associazioni Femminili, prima di concludere: "Le nostre pratiche consuetudinarie e tradizionali sono predominanti sulle legge scritte." Suggerisce che i testi di legge siano tradotti in lingue locali per essere accessibili. Bisogna anche mobilitare le vittime e tutti coloro che si oppongono a queste mutilazioni "allo scopo di spingere il governo ad adottare il decreto di applicazione della legge contro l'escissione", dichiara."

Ciad, troppi interessi in ballo per pensare alla popolazione


Nome Ufficiale: الجمهورية تشاد - République du Tchad
Capitale: N'Djamena
Superficie: 1.284.000 km²
Popolazione (2007): 10 milioni (fonte: World Bank)
Popolazione urbana (2006): 25,3% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 74,3% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: arabo, francese (ufficiali), sara, baguirmi, tuburi, moudang
Religione: Islam, Cristianesimo, Animismo
Gruppi etnici: Toubou, Sara, Arabi, Hadjarai, Daza, Zaghawa…
PIL (2007): 6,5 miliardi USD (fonte: World Bank e IMF)
Indipendente dalla Francia dall'11 agosto 1960
Capo di Stato:
Idriss Déby (in carica dal colpo di Stato del 1° dicembre 1990)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Ciad
Nel corso di quest'anno, il Ciad ha fatto molto parlare di sé con titoloni su quotidiani internazionali. L'offensiva dei ribelli contro N'Djamena, l'affare rocambolesco dell'ONG L'Arche de Zoé… I responsabili di questa ONG francese create nel 2005 sono stati arrestati il 25 ottobre 2007 ad Abéché (Est) mentre si apprestavano a portare in aereo in Francia 103 bambini presentati come orfani provenienti dal Darfour. In totale, 21 persone sono state incolpate dalla giustizia ciadiana, tra cui 6 membri dell'associazione, 7 cittadini spagnoli facenti parte dell'equipaggio, 4 sudanesi e 4 cittadini del Ciad, tra cui due ufficiali. Dato che Idriss Déby Itno aveva deciso che i colpevoli sarebbero stati giudicati in Ciad, il 27 dicembre i 6 membri dell'ONG sono stati condannati ad otto anni di lavori forzati prima di essere trasferiti in Francia, dove la pena è stata commutate in 8 anni di prigione, conformemente agli accordi di cooperazione giudiziaria stipulati nel 1976 tra la Francia ed il Ciad. Il 31 marzo sono stati definitivamente graziati dal presidente ciadiano.
L'effetto di questa notizia ha relegato in secondo piano l'intensificazione dei combattimenti tra le forze armate nazionali ed i diversi movimenti ribelli. Il 25 ottobre 2007 il Presidente Idriss Déby Itno aveva firmato un accordo con quattro grandi movimenti ribelli, ma esso non è mai stato applicato e gli scontri sono ripresi a novembre, causando centinaia di morti da ambo le parti. Essi si sono addirittura aggravati, con l'entrata di una colonna di ribelli nella capitale il 1° febbraio 2008.
Il conflitto, scoppiato nel dicembre 2005, oppone le etnie del nord del Paese. Da una parte c'è l'esercito nazionale, costituito principalmente da Zaghawa, il clan del Presidente Déby, dall'altra dei ribelli di diverse etnie della regione del Borkou-Ennedi-Tibesti (Nord): i Gorane dell'Union des Forces pour la Démocratie et le Développement (UFDD) di Mahamat Nouri, gli Arabi del CNT (Concorde Nationale du Tchad) di Hassan Saleh al-Djinedi ed i Bideyat fedeli a Timan Erdimi del Ressemblement des Forces Démocratiques (RFD). Una parte delle milizie dell'ex-Ministro della Difesa e leader del Front Uni pour le Changement (FUC), Mahamat Nour Abdelkerim si è inoltre aggiunta all'UFDD. Il presidente accusa inoltre il suo omologo sudanese di voler "esportare la guerra dal Darfour nel nostro Paese" per il suo sostegno ai ribelli e per il gran numero di janjaweed coinvolto in azioni volte a destabilizzare il governo ciadiano.
Ma l'armata governativa, finanziata con le rivenute petrolifere, è riuscita a respingere questi ribelli in territorio sudanese. Per il momento…
Il governo può inoltre contare sull'appoggio della Francia, che, "preoccupata dal rischio di destabilizzazione e dal crescente problema dei rifugiati in Ciad" (all'inizio del 2007 ne erano stimati 250000 nei campi lungo il confine sudanese), sta spingendo affinché le forze ONU/UE vengano dispiegate sia in Ciad che in Repubblica Centrafricana, ai confine con il Sudan. La Francia, non solo ha percepito una convergenza di punti di vista internazionali per attivarsi in Darfour, ma ha inoltre trovato un modo per utilizzare strumenti internazionali più ampli per sostenere due governi deboli che sono sotto la sua sfera d'influenza. I due maggiori interventi militari francesi in Africa dal 1960 sono stati proprio in Ciad (1969 e 1983), dove ha mantenuto una forza di 1000 uomini ed una base aerea fin dal 1986, inizialmente per contrastare le "minacce libiche" ed in seguito quelle dei ribelli di base in Sudan.
Il numero di incursioni armate sui confini del Darfour nel 2007 ha giustificato l'idea di una forza che aiuti a controllare il confine e che limiti le minacce al regime. Alcuni osservatori, giustamente, fanno notare come la pace potrebbe essere uno svantaggio per Déby Itno poiché sposterebbe l'attenzione l'attenzione sul suo regime e sui suoi metodi antidemocratici.
Ad esempio, la sera del 3 febbraio 2008, poche ore dopo la sua difficile vittoria contro le forze ribelli che erano entrate a N'Djamena, Déby Itno ha fatto arrestare -senza alcun motivo apparente- tre figure-chiave dell'opposizione democratica: Ngarléjy Yorongar, arrivato secondo alle presidenziali del 2001, Ibni Oumar Mahamat Saleh, portavoce della CPDC (Coordination des Partis Politiques pour la Défense de la Constitution) e Lol Mahamat Choua, effimero Capo di Stato nel 1979 e presidente del Comitato di Monitoraggio dell'accordo del 13 agosto 2007, che prevede elezioni libere nel 2009. Pare che le autorità volessero arrestare anche altri due oppositori, Wadal Abdelkader Kamougué e Saleh Kebzabo, che però si trovavano fuori dal Paese: a ben vedere, malgrado lui neghi, Déby voleva semplicemente far fuori tutti i propri oppositori.
I tre hanno avuto sorti diverse: Lol Mahamat Choua è agli arresti domiciliari da fine aprile con l’accusa di collaborare con i ribelli, mentre Ngarléjy Yorongar ha trovato rifugio a Parigi, ma di Ibni Oumar Mahamat Saleh non si sono più avute notizie e Yorongar ha sostenuto che probabilmente è morto in prigione a causa del trattamento subito.
Interrogato il 6 febbraio a proposito di questi arresti, il presidente ha solamente risposto: "Io mi occupo delle questioni importanti, non dei dettagli." Come se la guerra desse diritto a fare tutto. Come se l'opposizione democratica non fosse che un dettaglio.
Ehi, prima di dare spazio a questi "dettagli" avevo menzionato una questione davvero importante… vi è sfuggita? Vi do un indizio: petrolio. Un'altra parolina magica: finanziamenti. Eh sì, nonostante la guerra, e nonostante il Ciad sia classificato come Paese "assolutamente non libero" dalla ONG Freedom House che segue l'evoluzione della democrazia nel mondo (ci sono dati interessanti nei loro rapporti, chissà se riesco a pubblicarne un po'…), gli investimenti stranieri non mancano.
Le esportazioni di petrolio dal Ciad agli Stati Uniti sono aumentate da UD$ 752 milioni nel 2004 a US$ 1,8 miliardi nel 2007.
La Cina, divenuto un partner inevitabile per il suo colossale bisogno di materie prime, è in prima linea nello sfruttamento del petrolio del Paese: la China National Petroleum Corporation (CNPC) ha annunciato l'intenzione di costruire una raffineria a nord di N'Djamena. Un altro progetto finanziato con fondi cinesi (US$ 92 milioni ottenuti dall'Exim Bank of China) è il cementificio di Baoré, nella regione di Mayo Kebbi, nel sud-ovest del Paese, che avrà una produzione di 200000 tonnellate ed una durata di sfruttamento trentennale.
Il governo, le compagnie petrolifere e la Banca Mondiale, però, fronteggiano da tempo le proteste della società civile, sia locale che internazionale, tanto che lo scorso 9 settembre la Banca Mondiale ha annunciato che "non potrà più continuare a sostenere il progetto petrolifero" poiché N'Djamena "non ha allocato delle risorse adeguate" alla riduzione della povertà.
Nel 2001, per accelerare lo sfruttamento del campo di Doba e dei suoi 300 pozzi disseminati nella regione del Logone (riserve stimate ad 1 miliardo di barili), la Banca Mondiale aveva elargito un finanziamento di US$ 400 milioni sui 4 miliardi d'investimento, che ha permesso la costruzione dell'oleodotto di 1000 km che conduce il greggio al porto camerunense di Kribi. N'Djamena, in cambio, si impegnava ad utilizzare l'80% delle sue rivenute petrolifere in settori prioritari (sanità, istruzione ed infrastrutture).
Dopo un primo braccio di ferro, la percentuale calava al 70% nel luglio 2006, ma, evidentemente, era ancora troppo per Idriss Déby, che doveva finanziare l'esercito per fronteggiare i ribelli. I cittadini del Ciad, il 64% dei quali vive con meno di 1,25 dollari al giorno, non hanno guadagnato nulla dall'"operazione-simpatia" della Banca Mondiale. "La società civile ha sempre stimato che, se i meccanismi di buon governo non fossero attuati in Ciad, sarebbe stato azzardato lanciarsi in questo processo, ha spiegato Delphine Djirabe, avvocato e coordinatrice del Comité de Suivi de l'Appel à la Paix et à la Réconciliation. La Banca non ha fatto altro che gestire la propria imagine, ed i soldi del petrolio finanziano la guerra."
Con una produzione annuale di 53 milioni di barili, le rendite petrolifere sono passate dal 14% del PIL nel 2006 al 45% nel 2007 e dovrebbero stabilizzarsi intorno al 20% nel 2008. Per ciò che riguarda le compagnie petrolifere, il progetto di Doba era stato avviato quando il barile raggiungeva appena 20 dollari, contro le attuali punte di 100 dollari.
Alla fine, Déby può essere soddisfatto: i suoi rapporti con la Banca Mondiale si sono raffreddati, ma, come contropartita, può gestire senza restrizioni e quasi senza controllo una manna insperata.

Per la Mente (Libri):
Le bal des princes (Nimrod);
Les jambes d'Alice (Nimrod);
La nouvelle chose française (Nimrod);
Au Tchad sous les étoiles (Joseph Brahim Seid);
Un enfant du Tchad (Joseph Brahim Seid)

Per le Orecchie (Musica):
Mounira Mitchala
Chari Jazz
Tibesti
International Challal
African Melody
Ahmed Pecos


Per gli Occhi (Cinema):
Abouna (Mahamat Saleh Haroun – EN: Our Father);
Bye Bye Africa (Mahamat Saleh Haroun);
Daratt (Mahamat Saleh Haroun – EN: Dry Season; FR: Saison Sèche);
Daresalam (Issa Serge Coelo);
DP75: Tartina City (Issa Serge Coelo)

Thursday, October 16, 2008

Capo Verde, Paese “più avanzato”


Nome Ufficiale: República de Cabo Verde
Capitale: Praia
Superficie: 4.030 km²
Popolazione (2007): 519.000 (fonte: World Bank)
Popolazione urbana (2006): 57,3% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 19,8% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: portoghese (ufficiale), kriolu
Religione: Cristianesimo (Cattolicesimo)
Gruppi etnici: Creoli
PIL (2007): 1,367 miliardi USD (fonte: IMF)
Indipendente dal Portogallo dal 5 luglio 1975
Capo di Stato: Pedro Pires (dalle elezioni del 22 gennaio 2006)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Capo_Verde
Capo Verde prosegue nel suo decollo economico. Una riuscita simboleggiata dal suo passaggio, il 1° gennaio 2008, dallo statuto di Paese Meno Sviluppato (PMS) a quello di Paese a Medio Sviluppo (il secondo dei 50 PMS originari a cambiare status, dopo il Botswana nel 1994).
Nel dicembre 2007, il piccolo arcipelago lusofono ha inoltre firmato il trattato che segna il suo ingresso nel WTO. Con un PIL per abitante superiore a 2100 dollari, ovvero il più elevato della Comunità degli Stati dell’Africa dell’Ovest, Capo Verde allinea i buoni risultati economici ed attire gli investimenti diretti stranieri. Tra il 2008 ed il 2011, secondo l’Agenzia Capoverdiana d’Investimento, questi ultimi dovrebbero raggiungere 7,8 miliardi di dollari, essenzialmente nel settore turistico (che realizza oltre il 25% di crescita per anno). Con 300000 visitatori nel 2007, l’attività alberghiera da sola rappresenta più del 10% del PIL. Entrate che per la prima volta superano l’ammontare delle rimesse spedite da una diaspora forte di 700000 persone (principalmente installate negli Stati Uniti ed in Europa).
Stimolata dagli investimenti, la crescita accelera, toccando il 6,9% nel 2007 contro il 6,1% dell’anno precedente e con una media del 6% dal 2001. Inoltre, l’esistenza di una Borsa-valori attesta la volontà del governo di diversificare l’economia e di fare fiorire un mercato finanziario. Ma il cammino è ancora lungo: nella classifica Doing Business 2008 stilata dalla Banca Mondiale sul clima degli affari, Capo Verde non figura che al 132° posto su 178 Paesi. Non tutto è dunque così roseo come sembra. Bisogna dire che le sfide da giocare sono importanti.
Spesso colpito dalla prolungata assenza di precipitazioni, il paese produce meno del 20% del suo consumo in cereali e rimane fortemente dipendente dalle importazioni, fattore che lo rende vulnerabile agli shock esogeni. L’aumento del corso del petrolio e del prezzo dei cereali sono quindi duramente pesati sul deficit della bilancia commerciale. Raggiungendo il 42,1% del PIL nel 2007, anche il debito estero rappresenta un pesante handicap, soprattutto or ache il nuovo statuto di Paese a Medio Sviluppo non permette più a Capo Verde di beneficiare di eventuali programmi di riduzione del debito da parte della comunità internazionale. Nella classifica stilata dal UNDP secondo l’indice di sviluppo umano, il Paese si piazza prima del Sudafrica (102° contro 121°), ma il 37% dei capoverdiani vive ancora al di sotto della soglia di povertà (fissata a 2 dollari al giorno) ed il 20% di loro vive con meno di un dollaro al giorno. Inoltre, dei nuovi problemi sono apparsi all’orizzonte nel corso degli ultimi anni, come l’immigrazione illegale ed il traffico di droga.
Infatti, dall’Isola di Sal, nel nord dell’arcipelago, basta percorrere circa 1500 km per raggiungere Hierro (Canarie) e penetrare in Europa. Di fronte al flusso di clandestine, la Spagna, che ha aperto un’ambasciata a praia nel 2006, desidera tagliare il passaggio delle Canarie rinforzando la sua cooperazione con Capo Verde. Il Primo Ministro José Maria Neves del Partido Africano da Independência da Cabo Verde (PAICV, formazione presidenziale) ha chiesto a più riprese l’aiuto dell’Unione Europea per poter controllare le sue acque territoriali ed allo stesso tempo combattere il traffico di droga. L’arcipelago è quindi sulla buona strada per concludere un partenariato speciale con l’Unione Europea, approvato ufficialmente a Bruxelles nel dicembre 2007, per limitare l’immigrazione dai Paesi dell’Africa dell’Ovest e per beneficiare di fondi europei. Presso la Comunità degli Stati dell’Africa dell’Ovest, invece, Capo Verde rivendica la sospensione della libera circolazione delle persone e chiede di reintrodurre il visto per i cittadini dell’area. Infine, in vista della diversificazione delle sue attività economiche, Praia si è candidata a stabilire sul proprio territorio una zona economica speciale, defiscalizzata, che potrebbe costituire una piattaforma per la distribuzione dei prodotti cinesi in tutta la regione.

Capo Verde, Paese “più avanzato”. Ovvero: come tradire gli ideali di Amilcar Cabral svendendosi come una mignotta.

Per la Mente (Libri):
Contra mar e vento (Henrique Texeira de Sousa);
Ilhéu de contenda (Henrique Texeira de Sousa);
Xaguate (Henrique Texeira de Sousa);
Na Ribeira de Deus (Henrique Texeira de Sousa);
Chiquinho (Baltasar Lopes da Silva)

Per le Orecchie (Musica):
Cesária Évora
Cabo Verde Show
Manuel de Novas
Mayra Andrade
Orlando Pantera
Tcheka


Per gli Occhi (Cinema):
Cap Vert – mon Amour (Ana Lucia Ramos Lisboa)
Ilheu de Contenda (Léo Lopes)

Per la Bocca (Cibo): Cachupa (il piatto tipico nazionale, fatto con mais, diversi tipi di carne o tonno fresco, fagioli, patate dolci, manioca, cavolo, zucca e diversi tipi di salsiccia… forse con un piatto di questo mi sazio!)


Blogs:
A Cape Verde Blog: Big thoughts from a small island



colonna sonora: Sodade (Cesária Évora)

A.A.A.

"AAA Nazionalita' italiana vendesi euro 100 trattabili. Pagamento anche in comode rate.
In alternativa scambio con nazionalita' di qualsiasi Paese civile.
Astenersi perditempo, israeliani, iraniani e cinesi. Eventuali proposte da cittadini statunitensi saranno opportunamente vagliate solo in seguito ai risultati delle elezioni presidenziali.
Contattare Clauds: cip.983@gmail.com (ore pasti)"

Wednesday, October 15, 2008

Camerun: Tangentopoli all'africana


Nome Ufficiale: République du Cameroun – Republic of Cameroon
Capitale: Yaoundé
Superficie: 475.440 km²
Popolazione (2007): 16,6 milioni (fonte: World Bank)
Popolazione urbana (2006): 54,6% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 32,1% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: francese, inglese (ufficiali), ewondo, bulu, peul, bamileké, douala, bassa, camfranglais
Religione: Islamismo, Animismo, Cristianesimo
Gruppi etnici: Ewondo, Peul, Beti-Bulu, Bamileké, Douala, Bassa, Fulani, Arabi Shuwa, Pigmei… il Camerun viene chiamato anche "Africa in miniatura" per la sua grande varietà geografica e per il gran numero di gruppi etnici e linguistici (tra i 230 ed i 282 a seconda delle stime) presenti sul territorio
PIL (2007): 20,9 miliardi USD (fonte: IMF)
Indipendente dalla Francia dal 1° gennaio 1960 e dal Regno Unito dal 1° ottobre 1961
Capo di Stato: Paul Biya (dalle dimissioni dell'allora Presidente Ahmadou Ahidjo il 4 novembre 1982)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Camerun
Il Camerun viene spesso chiamato "Africa in miniatura" per la sua grande varietà geografica ed etnico-linguistica, che riproducono su scala minore quelle dell'intero continente africano.
Le somiglianze, però, non si fermano qui. Il Camerun, infatti, a livello nazionale presenta molte delle caratteristiche, positive e negative, dell'Africa. In campo politico, sociale ed economico.
A 74 anni, il Presidente Paul Biya sembra determinato a tenersi stretto il potere che detiene da ormai più di 25 anni. Il 31 dicembre scorso, nel corso del suo consueto discorso di fine anno, egli aveva infatti annunciato ai suoi compatrioti di non essere "insensibile" ai "numerosi appelli favorevoli ad una revisione della Costituzione che gli arrivano". Secondo l'articolo 6 del testo votato dall'Assemblea Nazionale il 14 gennaio 1996, l'attuale capo di Stato non potrà ripresentarsi nel 2011 al termine del suo secondo mandato. Al potere dal 1982, Paul Biya ha deciso che bisogna riesaminare le disposizioni costituzionali "che meriterebbero di essere armonizzate con i recenti passi in avanti del nostro sistema in modo da rispondere alle aspettative della grande maggioranza della nostra popolazione." E, grazie alla vastissima maggioranza di cui gode il suo partito, il Rassemblement Démocratique du Peuple Camerounais (RDPC), forte di 140 dei 180 scranni parlamentari, l'impresa si preannuncia piuttosto facile per l'anziano Presidente.
La politica camerunense vive un momento di scompiglio da quando, nel 2004, il Primo Ministro Ephraïm Inoni ha lanciato l'operazione anticorruzione "Épervier" (Sparviero), che ha già fatto cadere numerose teste importanti.
Negli Anni '80, la caduta del corso delle materie prime aveva provocato la crisi nel Paese, le cui esportazioni si basavano principalmente sui prodotti agricoli. Alcuni osservatori hanno però hanno stimato insufficiente questa spiegazione: dietro la caduta delle materie prime si nascondeva qualcosa d'altro, ovvero un certo lassismo nella gestione dei nuovi governanti, il cui arrivo al potere aveva coinciso con l'appropriazione illecita di fondi pubblici. A ciò si aggiungevano la svalutazione del franco CFA ed la doppia drastica riduzione dei salari, che riduceva di circa il 75% le entrate dei dipendenti della funzione pubblica. Ma il vero paradosso è stato che in quel momento preciso le auto di grossa cilindrata hanno iniziato a comparire nelle strade, le ville sono spuntate come funghi, dei nuovi quartieri lussuosi hanno visto la luce… come spiegare che tutto questo avveniva in piena crisi economica e che il miliardo era stranamente diventato la nuova unità di misura?
Come conseguenza, il Camerun ha vinto per due volte il poco onorevole titolo di "Stato più corrotto al mondo" assegnato dalla ONG Transparency International. Ed in effetti, la corruzione è diffusa a tutti i livelli dello Stato, dai funzionari più alti ai più bassi. Il 40% delle spese dello Stato non servono alla nazione, ma sono intascati da funzionari statali. Una parte delle entrate equivalente al 5% del PIL, ovvero circa 500 miliardi di franchi CFA (762 milioni di euro) andrebbe ogni anno nelle tasche di individui senza scrupoli.
Lo Sparviero ha scovato ed arrestato decine di alti dirigenti politici e finanziari ed imprenditori che non avevano esitato a ricevere "mazzette" ed alcuni di loro sono stati condannati fino a 50 anni di carcere.
Molti camerunensi però dubitano che questi arresti riducano il livello di appropriazione illecita di denaro, pratica diventata ormai endemica nel Paese da oltre 20 anni.
Un altro problema irrisolto del Camerun è il contenzioso che lo oppone alla Nigeria per la sovranità della Penisola di Bakassi, nelle acque ricche di petrolio del Golfo di Guinea. Quattordici anni dopo il generale Sani Abacha aveva lanciato le truppe federali all'assalto di queste isolette disputate al Camerun da mezzo secolo, il 21 agosto 2006 l'esercito nigeriano aveva finalmente evacuato Bakassi.
Il 10 ottobre 2002 la Corte Internazionale di Giustizia aveva emesso una sentenza in favore del Camerun, ma la Nigeria da allora ha moltiplicato le manovre dilatorie. È solo grazie ad una forte pressione internazionale che Yaoundé ha potuto ritrovare la sua sovranità su questa zona potenzialmente ricca di idrocarburi. La Nigeria ha dovuto cedere all'insistenza del Segretario Generale dell'ONU e del Dipartimento di Stato americano, ormai il vero gendarme del Golfo di Guinea, le cui riserve di idrocarburi, stimate a 24 miliardi di barili di greggio di buona qualità e di facile accesso, si inscrivono, molto logicamente, nella strategia energetica statunitense.
La situazione instabile non è ancora stata risolta e, a parte gli attacchi dei militanti del MEND (Movimento per l'Emancipazione del Delta del Niger), la Nigeria non ha ancora ufficialmente riconosciuto l'accordo su Bakassi.
Un forte peso per la crescita del Paese è l'insufficienza dell'offerta energetica, che è addirittura diventata una minaccia per l'ordine pubblico da quando una marcia organizzata nella città di Abong-Mbang (Est) il 17 settembre 2007 per il ristabilimento dell'elettricità è degenerata in scontri tra i manifestanti e le forze di polizia, causando la morte di due manifestanti. I black-out sono frequenti: uno smacco per un Paese che detiene il secondo potenziale idroelettrico dell'Africa Centrale dopo la Repubblica Democratica del Congo. Per questo, il governo ha messo a punto un nuovo piano energetico nazionale. Il Primo Ministro Inoni ha posato la prima pietra della centrale termica di Yassa, vicino Douala, il 17 marzo scorso: il progetto costerà 52 miliardi di franchi CFA e darà vita ad una centrale capace di produrre 86MW.
Questa è solo una delle possibilità che si prospettano al governo camerunense per aumentare l'offerta di un settore per ora tributario al 95% all'idrologia: il piano però è quello di diversificare il più possibile la produzione sfruttando le risorse di cui il Paese è ricco. Per esempio, il piano dettagliato dei tecnici governativi parla di un forte potenziale solare (che varia tra i 6,5kW/giorno/m² nella parte settentrionale del Paese ed i 4kW/giorno/m² nel sud). Inoltre, con 3 milioni di m³ di scarti del legno all'anno, le biomasse locali offrono una situazione energetica apprezzabile. Quanto all'eolico, i venti stagionali del Paese non offrono che soluzioni combinate ibride.
Con tutto questo potenziale, ovviamente i progetti non mancano.

Per la Mente (Libri):
Tels des astres éteints (Léonora Miano);
L'Intérieur de la nuit (Léonora Miano);
Contours du jour qui vient (Léonora Miano);
Afropean Soul (Léonora Miano);
The tragedy of Mr. No-Balance (Victor Musinga);
House of falling women (Rosemary Ekosso);
Verdict of the gods (Janet Ekaney);
No Turning Back: Poems of Freedom, 1990 – 1993 (Dibussi Tande, poesie: date un’occhiata al suo sito www.dibussi.com, molto interessante);
The day god blinked (Alobwed'Epie)


Per le Orecchie (Musica):
Manu Dibango
Sally Nyolo
Nelle Eyoum
Ekambi Brillant
Jean Bikoko
Mama Ohandja
Les Têtes Brulées
Koppo
Krotal
Lady B (questa è per Uhuru… dicono sia la Diam's camerunense)

Per gli Occhi (Cinema):
Les Saignantes (Jean-Pierre Bekolo - vi avviso: alcuni ne parlano benissimo, altri dicono faccia schifo. Io volevo vederlo quando ero a Parigi, ma finora ancora non ne ho avuto l'occasione...);
Sisters in Law (Florence Ayisi);
Une affaire de nègres (Osvalde Lewat);
Quartier Mozart (Jean-Pierre Bekolo);
Le complot d'Aristote (Jean-Pierre Bekolo);
Clando (Jean-Marie Teno);
Chocolat (Claire Denis)


Per il Cuore (Arte):
Samuel Fosso
Bili Bidjocka


Per la Bocca (Cibo):
Fufu (polpette di cassava o yam condite con delle salse);
Ndole (stufato di ndole - una pianta simile all'assenzio, arachidi e semi di melone. Può inoltre contenere carne, gamberi o cotenna di maiale);
Sangah (misto di mais, foglie di cassava e succo di palma);
Bobolo (cassava fermentata)



colonna sonora: Soul Makossa (Manu Dibango)

Tuesday, October 14, 2008

Burundi, a quando la stabilità?



Nome Ufficiale: Republika y'u Burundi – République du Burundi
Capitale: Bujumbura
Superficie: 27.830 km²
Popolazione (2007): 7,8 milioni (fonte: World Bank)
Popolazione urbana (2006): 10% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 40,7% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: kirundi, francese (ufficiali), swahili
Religione: Cristianesimo, Islamismo (solo il 2% circa della popolazione è di fede islamica, ma nel 2005 il governo ha dichiarato l'Eid al-Fitr e l'Eid al-Adha vacanze pubbliche)
Gruppi etnici: Hutu, Tutsi, Twas
PIL (2007): 989 milioni USD (fonte: IMF)
Indipendente dal Belgio dal 1° luglio 1962
Capo di Stato:
Pierre Nkurunziza (dalle elezioni del 19 agosto 2005)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Burundi
Il Burundi continua a fronteggiare una crisi economica, sociale e politica (il Paese è il terzo più povero al mondo secondo la Banca Mondiale) che minaccia la sua fragile pace. Le stime di crescita dell'IMF si sono rivelate superiori alla realtà del Paese, che, anche a causa delle alluvioni dello scorso anno, presenta una situazione economica disastrosa: la produzione di caffé, il solo prodotto d'esportazione del Paese, è calata a meno di 10000 tonnellate nel 2007, contro le 36000 del 2006, il prezzo del pane è più che raddoppiato nella capitale Bujumbura ed uno dei progetti più ambiziosi, lo sfruttamento del giacimento di nickel di Musongati, è stato posticipato a data da destinarsi.
Il governo, inoltre, non ha più fondi sufficienti per mantenere la sua promessa di aumentare gli stipendi degli impiegati statali e, complice anche il carovita, la malnutrizione aumenta e tanti burundesi non sanno come arrivare alla fine del mese (
qui un link).
Dal punto di vista politico, dopo 15 anni di guerra civile e 300000 morti, sembra che la situazione stia cominciando a stabilizzarsi.
Il Burundi soffre delle stesse divisioni etniche che hanno infiammato il vicino Ruanda nel 1994: da un lato la minoranza Tutsi che detiene la maggior parte del potere e delle risorse, dall'altra la popolazione Hutu, più numerosa e più povera. Scoppiato nel 1993 in seguito all'assassinio del Presidente Melchior Ndadaye, di etnia Hutu, da parte di alcuni ufficiali Tutsi, il conflitto è rimasto all'ombra dei numerosi conflitti che hanno fatto milioni di vittime nella regione.
Il 28 agosto 2000, la firma degli accordi di pace di Arusha stabiliva la formazione di un governo di transizione per sostituire il dittatore Pierre Buyoya, che deteneva il potere dal golpe del 25 luglio 1996. Il governo, guidato da Domitien Ndayizeye, leader del Front pour la Démocratie au Burundi (Frodebu), il partito dell'ex-Presidente Ndadaye, fu costituito nell'aprile 2003 e successivamente, nel febbraio 2005, fu promulgata la nuova Costituzione, che stabiliva le quote etniche per determinare le posizioni di governo per Hutu e Tutsi. Malgrado questo gesto di avvicinamento e la firma del cessate-il-fuoco del 7 settembre 2006, le Forces Nationales de Libération (FNL), hutu, avevano deciso di continuare a combattere contro il nuovo potere, tanto che il loro leader, Agathon Rwasa, aveva dichiarato: "Questo governo è corrotto e non ha risolto il problema dell'inuguaglianza tra le popolazioni. Noi proseguiamo la nostra lotta contro le discriminazioni."
Lo scorso mese di maggio Rwasa è rientrato dal suo esilio volontario in Tanzania per partecipare al tavolo delle negoziazioni insieme a tutti gli altri partiti. A fine maggio è stato firmato un cessate-il-fuoco tra tutte le fazioni rivali, compresi i dirigenti dei movimenti in esilio, che il governo di Bujumbura considera alla stregua di terroristi. Se il cessate-il-fuoco costituisce il primo passo verso la riconciliazione, il disarmo rimane un altro compito difficile: nonostante anche nel 2006 le FLN avessero accettato il cessate-il-fuoco per poi invece riprendere le armi e far fallire le negoziazioni, stavolta, anche per merito della mediazione di Sudafrica e Tanzania, tutte le parti si dicono fiduciose ed assicurano che le cose andranno diversamente.
Alla fine di luglio, diversi militanti delle FLN si erano riuniti a Rugazi, nella provincia di Bubanza nel nord-ovest del Paese, per rendere le loro armi all'unità di protezione dell'Unione Africana, ma, secondo gli osservatori, solo una minima percentuale di armi sarebbe stata resa, spingendo il governo a chiedersi dove potesse essere la parte restante. "Tutti i combattenti ancora in possesso di armi sono considerati come criminali" hanno allora dichiarato le autorità il 25 luglio, criticando le FLN di non aver trasmesso al Mécanisme Conjoint de Vérification et de Suivi (MCVS) la lista dei propri combattenti. Agli occhi delle autorità si tratterebbe di una prova del fatto che il movimento continua a reclutare combattenti per raggiungere i 21100 uomini che dice di avere a disposizione in modo da ottenere condizioni più favorevoli al tavolo delle trattative. Il 7 luglio infatti, le FNL avevano preteso di essere riconosciute come partito politico, ma il governo ha negato la legalizzazione del movimento finché non fossero terminate i raduni dei combattenti.
Agathon Rwasa prima di tornare in Burundi aveva firmato un accordo con il governo in cui il suo gruppo si impegnava a mettere fine alla ribellione, infatti, dal 30 maggio, giorno del suo ritorno, i fucili hanno taciuto e lui continua a denunciare la ribellione. Questa nuova facciata moderata serve a Rwasa per ottenere posti di governo per le FNL: il 15 agosto, infatti, le FNL hanno recapitato una lettera ai mediatori in cui esigevano la suddivisione del potere "50% - 50%" tra il Palipehutu (Parti de Libération du Peuple Hutu, il ramo politico delle FNL) ed il governo burundese. "Durante tutto il processo di negoziazione, il Palipehutu-FNL ed il governo del Burundi sono stati messi sullo stesso piano d'uguaglianza […] perciò la suddivisione del potere deve essere effettuata sul principio d'uguaglianza in tutti gli aspetti della vita nazionale", afferma Rwasa nella lettera, continuando: "Per essere precisi, vogliamo avere una delle due vice-presidenze (del Paese, ndr) e 13 dei 26 ministeri del governo burundese, tra cui il Ministero degli Interni, degli Affari Esteri, della Difesa, delle Finanze, della Pianificazione, dell'Agricoltura e dell'Allevamento, della Pubblica Istruzione, della Sanità, del Commercio, del Lavoro e dell'Energia e delle Miniere." (sì, prego, servitevi pure! E poi che altro? Una fetta di culo vicina all'osso?) Inoltre (ecco, la fetta di culo…), le FNL chiedono una divisione "metà-metà" anche dell'esercito, della polizia e dei servizi segreti, oltre (ovviamente) alla testa di questi corpi, 10 posti d'ambasciatore, in particolare all'ONU e nelle grandi capitali del mondo, il posto di procuratore generale della Repubblica, 9 dei 17 posti di governatori delle province e la testa di una decina di imprese pubbliche e banche.
Il Presidente Pierre Nkurunziza, ex-capo ribelle delle Forces pour la Défense de la Démocratie (FDD), ed Agathon Rwasa si sono incontrati il 18 agosto 2008 in presenza del Ministro della Sicurezza sudafricano Charles N'qakula per discutere delle richieste dei ribelli. Secondo Pasteur Habimana, il portavoce dei ribelli, essi avrebbero "deciso di trovarsi due volte a settimana, il martedì ed il giovedì, di mettere in piedi una commissione che si riunirà ogni volta che ci sarà un problema e di rivedersi a partire da domani [19 agosto, ndr] per studiare tutte le questioni in sospeso."
Le questioni in sospeso riguardano principalmente la divisione dei poteri politico e militare, che finora ha bloccato l'applicazione dell'accordo di cessate-il-fuoco dato che il governo finora ha rifiutato categoricamente di negoziare su questo punto.
Dopo che l'Unione Africana il 19 agosto aveva fatto sapere al governo ed ai ribelli del FNL che "la pazienza della comunità internazionale aveva dei limiti", esortando le due parti a smettere di procrastinare ritardando l'applicazione del cessate-il-fuoco del 7 settembre 2006, anche l'ONU il 27 agosto aveva fatto appello ad un accordo tra le parti in causa.
Durante un ulteriore incontro tenutosi il 29 agosto nella provincial settentrionale di Ngozi, il Presidente Nkurunziza ed il leader delle FNL Rwasa si erano inoltre accordati sul rilascio di un numero imprecisato di ribelli, altra condizione necessaria posta dalle FNL per il rispetto del cessate-il-fuoco.
Mentre le maggiori personalità politiche burundesi si dicono soddisfatte dei piccoli passi che si stanno compiendo per mettere fine al lungo periodo di instabilità, l’ex-Presidente Domitien Ndayizeye è stato eletto dai delegati del Frodebu (con oltre l’86% dei voti) candidato alle elezioni presidenziali che si terranno nel 2010. Se la vedrà ancora con Nkurunziza (che l’aveva fatto incarcerare con l’accusa, poi smontata, di stare preparando un colpo di Stato)?


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