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Saturday, October 18, 2008

Silenzio, mutiliamo delle bambine.

A N'Djamena come nel resto del Paese, molti genitori fanno escidere le loro giovani figlie prima che una legge che reprime questa pratica consuetudinaria entri in vigore.

N'Djamena Bihebdo (Syfia) – N'Djamena
Mamadou Bineta


"Quartiere Am-riguebé, a N'Djamena, la capitale del Ciad. Questa mattina, Zenab, 9 anni, e sua sorella Bébé, 7 anni, non andranno a scuola. Così ha deciso Khadidja, la loro madre. Poco prima delle 7, Mariam, borsa a tracolla, arriva e si dirige verso una stanza le cui aperture sono state nascoste con delle tende bianche. Mariam è una delle numerose exciseuses clandestine che ancora esercitano in questo Paese. Durante l'intervento, nuda, seduta su un tappeto di fronte all'exciseuse, Bébé chiude gli occhi e stringe i denti per contenere il dolore. All'entrata, delle donne intonano una canzone e snocciolano una lista di regali che riceverà se non piange. Arriva il turno di Zenab. Come sua sorella minore, riesce a soffocare il suo pianto. Ogni mese, Mariam mutila una decina di bambine.
Molti genitori che, come Khadidja, difendono le mutilazioni genitali femminili (MGF) in nome della tradizione si affrettano a far escidere le loro figlie prima che la giustizia ciadiana cominci a perseguire autori e complici di questa pratica. Una legge adottata nel 2002 proibisce in effetti la tortura ed i trattamenti crudeli, inumani o degradanti sul corpo umano in generale e sugli organi di riproduzione in particolare. Sono così colpite "tutte le forme di violenza come le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni precoci, le violenze domestiche e le violenze sessuali". Il decreto d'applicazione di questa legge, ancora non promulgata, dovrebbe precisare le sanzioni in cui incorrono i contravvenenti. Una disposizione del preambolo della Costituzione Ciadiana del 1996, rivista nel 2005, stipula che la persona umana è sacra e che ogni persona ha il diritto di godere della propria integrità fisica e morale.
Dal 2002, il Comitato Nazionale di Lotta contro le Pratiche Tradizionali Dannose per la Salute della Donna e dei Bambini ha formato numerosi giovani (ragazzi e ragazze) come educatori. Nelle regioni in cui l'escissione è molto diffusa, essi spiegano agli altri adolescenti le conseguenze nefaste delle MGF e la legge che le vieta. Il Comitato in questo modo organizza degli "scambi franchi tra escisse e non escisse". "Dato che sono sensibilizzate contro l'escissione, le ragazze di più di 10 anni rifiutano di sottomersi [a questa pratica – nt]", sostiene la Dott.ssa Mariam Alladoumgué Djimounta, presidente del Comitato. I genitori favorevoli all'escissione, che avevano preso l'abitudine di intervenire all'inizio della pubertà (12-14 anni), con il pretesto di "preparare la figlia al matrimonio", si voltano su quelle di meno di 10 anni: esse costituiscono dei bersagli più facili.
"Sono stata escissa e sono madre di 12 figli senza aver avuto il minimo problema", dichiara Mariam, l'exciseuse, per la quale "gli Occidentali gridano contro questa pratica semplicemente perché essa non fa parte della loro cultura." Zara, 22 anni, non è assolutamente dello stesso avviso. La sua escissione è andata molto male. Stava per morirne. Se ne ricorda con emozione. "Ho perduto molto sangue quell giorno. Mia zia si è preoccupata, ma non poteva portarmi all'ospedale per paura che le creassero dei problemi."
Secondo l'UNICEF, le emorragie e le infezioni che seguono questo genere d'intervento possono essere mortali. In oltre, le donne escisse rischiano di conservare gravi conseguenze: dolori atroci, incontinenza, ulcere alle zone genitali, sterilità, parti difficili, ecc. Alcuni sostengono a torto che l'escissione è prevista dal Corano. D'altra parte, il 61% delle donne musulmane sono escisse contro il 31% delle cattoliche. Nel sud-est del Paese, tra le etnie per cui l'escissione è una consuetudine, oltre nove donne su dieci subiscono questa pratica.Comunque, con la campagna di sensibilizzazione condotta da più di cinque anni dap arte delle associazioni, dei ciadiani attualmente esprimono liberamente la propria opposizione alle MGF, come Zara, che, alludendo a coloro che invocano l'Islam per giustificare questa pratica che stava per causare la sua morte, sbotta: "Di grazia, che non ci raccontino sciocchezze! Le mie figlie non saranno mai escisse!" L'informazione fa ancora fatica a circolare. Pochi ciadiani sono abbastanza istruiti da sapere cosa significa una legge, analizza Rosine Baïwong Amane, coordinatrice della Cellula di Connessione ed Informazione delle Associazioni Femminili, prima di concludere: "Le nostre pratiche consuetudinarie e tradizionali sono predominanti sulle legge scritte." Suggerisce che i testi di legge siano tradotti in lingue locali per essere accessibili. Bisogna anche mobilitare le vittime e tutti coloro che si oppongono a queste mutilazioni "allo scopo di spingere il governo ad adottare il decreto di applicazione della legge contro l'escissione", dichiara."

Sunday, September 21, 2008

Oltre il Velo - Un po' di storia.

L'altra sera sono andata con alcuni amici (tra cui F. e G., il nuovo stagista dell'ambasciata) ad un iftar (per i distratti: ne parlavo l'altro giorno, rileggetevi il post precedente). In macchina si parlava del Ramadan e di come ci si dovrebbe comportare per rispetto dei musulmani e di ciò che per loro significa digiunare e ad un certo punto G. ha detto: "Che religione di merda l'Islam! Non si può fare niente!". Io mi sono un attimino rabbuiata, invece F. è scoppiata a ridere ed ha detto: "Lo dici a lei (io, ndr) che è mezza musulmana!". Quindi abbiamo cercato di spiegargli che la religione islamica non è quello che ci fanno credere nei programmi televisivi ed abbiamo iniziato a parlare di come i princìpi di base dell'Islam siano molto simili a quelli del Cristianesimo. E lui ribatteva parlando di velo…

Ora, io non me la sono presa per il suo discorso perchè capisco che non si può essere dei completisti come er sor Alessio (e così ci ho rimollato pure la marchetta) e, come quando si parlava del crack della Lehman io, che sono una capra in economia, ho dovuto chiedere lumi a G. che ne sa sicuramente molto più di me (e non ci vuole molto, ma lui ha studiato Business Administration), alcune persone ignorano cosa significhi davvero "Islam" e ne hanno una visione distorta da quello che dicono i media.
Quindi credo solo sia ora di continuare a fare un po' di
"storia del velo".



l'immagine è un'opera dell'artista iraniana Shirin Neshat.



Il complesso rapporto tra la donna e l'Islam è definito principalmente dalla shari'a (شريعة dalla stessa radice di "strada, cammino, via"), la legge islamica basata sui testi islamici secondo l'interpretazione di 4 principali scuole giurisprudenziali musulmane, e dalla storia e cultura del mondo islamico.
Diffondendosi oltre i confine dell'Arabia, l'Islam incontrò società con radici molto antiche con cui dovette imparare a convivere.
L'Islam è infatti una religione "flessibile" (nel senso che tende ad adattarsi alla società in cui si diffonde) ed allo stesso tempo "conservativa" (che tende cioè ad assimilare e lasciare immutate pratiche ed usi indigeni dei luoghi in cui si è affermata), perciò i Paesi a maggioranza musulmana danno alle donne gradi di diritti variabili rispetto al matrimonio, al divorzio, ai diritti civili, allo status legale, al codice vestimentario ed all'istruzione.

L'Islam, comunque, è sempre stato pieno di grandi figure femminili di cui col tempo mi piacerebbe parlare.

La shari'a è il prodotto di linee guida coraniche recepite dalla giurisprudenza islamica o fiqh (فقه = diritto), secondo l'interpretazione delle tradizioni riguardanti la vita del profeta Muhammad (سنّة = Sunna, formata dagli أحاديث = ahadith, sing. حديث= hadith), selezionate in base all'attendibilità dei trasmettitori da studiosi musulmani. Queste due fonti principali (ovvero Corano e Sunna) vengono integrate dall'ijma' (إجماع), ovvero il consenso della comunità, e dal qiyas (قياس), cioè il ragionamento personale induttivo del giurista musulmano (فقيه = faqih).

Le riforme coraniche, che in molte regioni hanno migliorato la posizione femminile rispetto al periodo precedente l'avvento dell'Islam, sono state spesso "minate" dalla riasserzione dei costumi tribali, o dall'uso di tali costumi sotto il nome di legge islamica (un esempio famoso: le mutilazioni genitali femminili, che non c'entrano nulla con la religione islamica, ma piuttosto con tradizioni antichissime -non a caso si parla di "circoncisione faraonica"- presenti in alcune zone dell'Africa in cui successivamente l'Islam si è diffuso).

Analizzando la situazione femminile da un punto di vista marxista, come fa per esempio Valentine M. Moghadam nel suo Modernizing Women: Gender & Social Change in the Middle East (Lynne Rienner Publishers, USA 1993, nuova edizione riveduta 2003), la posizione delle donne è influenzata maggiormente dal grado di urbanizzazione, industrializzazione, proletarizzazione e strategie politiche dello Stato piuttosto che dalla cultura o dalle proprietà intrinseche dell'Islam ed infatti la religione islamica non è nè più nè meno patriarcale di altre fedi, come per esempio il Cristianesimo, l'Ebraismo e l'Induismo.

Inoltre lo spirito delle riforme coraniche è stato spesso modificato da interpretazioni storiche o culturali riaffermanti la dominazione maschile o perpetranti la disuguaglianza di genere (per esempio il wahhabismo vigente in Arabia Saudita).
Per valutare l'effetto innovativo dell'Islam sullo status femminile basta comparare la situazione femminile nella Penisola Araba prima e dopo l'avvento dell'Islam.
La condizione femminile nell'Arabia pre-islamica era piuttosto povera: gli storici citano come pratiche comuni l'infanticidio delle bambine, la poligamia illimitata, l'esclusione delle donne dall'eredità. L'avvento dell'Islam nel VII sec. d.C., invece, migliorò lo status delle donne introducendo dei diritti (divorzio, eredità, istruzione, proprietà) che nelle legislazioni occidentali vennero accordati solo secoli più tardi.

Per esempio fu abolito l'infanticidio femminile ed alle donne fu riconosciuto totale diritto di personalità. Furono istituite misure per la protezione di vedove ed orfani. La dote, che prima era una sorta di "bride-price" pagato al padre divenne un dono nuziale mantenuto dalla sposa come proprietà personale. Venne introdotto il contratto matrimoniale per il quale serviva il consenso della sposa.
Nell'Islam le donne hanno da sempre diritto di proprietà, tanto che la prima moglie del Profeta Muhammad,
Khadijah, era quella che si definirebbe oggi una "donna in carriera" ed era la proprietaria di un commercio carovaniero in cui lavoravano molti uomini, tra cui appunto il suo futuro marito. L'unica questione un po' controversa a mio avviso riguarda il diritto ereditario: la parte d'eredità riservata ad una donna è normalmente la metà di quella che spetta ad un uomo. Storicamente questo viene spiegato argomentando che le responsabilità dell'uomo nel sostentamento della famiglia sono maggiori di quelle della donna, che in passato non lavorava e si occupava della casa e dell'educazione dei figli.
Anche in materia legale il peso della donna è minore di quello dell'uomo: ad esempio, per alcuni tipi di reato, la testimonianza di una donna non è ammessa o vale metà di quella dell'uomo (ovvero: per incriminare qualcuno servono due testimoni di sesso maschile o quattro di sesso femminile). Inoltre, il "prezzo del sangue" (دية = diyya), ovvero il risarcimento pagato ai parenti della vittima di un omicidio non intenzionale, è doppio nel caso di un uomo (questo perchè la diyya è una consuetudine pre-islamica che non è stata modificata nel Corano).


Bene, dopo questa premessa generale, direi che prossimamente potrò iniziare un excursus Paese per Paese.



Vi lascio la poesia "Linguaggio Segreto" di Zhabiya Khamis, poetessa degli Emirati Arabi Uniti incarcerata per cinque mesi senza processo a causa dei suoi scritti che in seguito sono stati messi al bando. La poesia l'ho presa dal libro Non Ho Peccato Abbastanza. Antologia di Poetesse Arabe Contemporanee. (a cura di Valentina Colombo - Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2007).


La pelle della donna sogna qualcuno che la possa leccare
i suoi capelli sognano la mano che li districhi
la sua mano sogna il sudore annidato nel palmo dell'altra mano
le sue labbra sognano l'ardore del bacio
le sue ginocchia sognano due baci distinti
il capezzolo sogna qualcuno che lo succhi con passione
il collo sogna qualcuno che lo abbracci con una tenerezza dolorosa
il corpo sogna qualcuno che lo stringa senza tregua
il cuore sogna che i suoi battiti comunichino con un altro cuore
l'anima sogna qualcuno che la ospiti
i piedi sognano di camminare con questo ospite
e le braccia sognano di cullarlo per farlo addormentare
gli occhi sognano una lingua segreta che non ha bisogno di parole
l'orecchio sogna di udire il suo nome nell'immaginazione dell'altro
quando tutto è arido, i fiumi sognano l'esuberanza.




Qualche Link:

The Status of Woman in Islam by Jamal A. Badawi (EN);
Women and Islam: una serie di saggi riguardanti lo stato della donna nell'Islam con un'ottica comparativa (EN);
Symposium: Gender Apartheid and Islam (EN);
RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan): perchè NON va tutto bene! (IT).


Per chi fosse interessato a dei consigli di lettura, suggerisco, oltre ai saggi della Moghadam, quelli di Nawal El Saadawi e Fatema Mernissi (si trovano facilmente le traduzioni in italiano).

Saturday, August 16, 2008

Oltre il Velo - Delle relazioni di genere nel Mediterraneo

Disclaimer: attenzione, il contenuto di questo post e' estremamente noioso.

io vi ho avvertito...


E mo beccateve 'sto papiello!
(citazione a metà tra il film La Guerra degli Antò ed i commenti di Alex… ;-P )


Prima di tutto è il caso di fare un po' di storia sul tema della condizione femminile nei Paesi musulmani per mettere in luce cose che i media non ci dicono quando ci mostrano il trattamento riservato alle donne afghane dai Talebani spacciandocelo come "Islam" o peggio come "la segregazione della donna imposta dal Corano".
Sono balle.

Innanzitutto ci tengo a precisare che il Paese con il più elevato numero di musulmani è l'Indonesia (davvero? Sì, davvero!), dove l'Islam non si è diffuso con la spada e la guerra santa, bensì grazie ai traffici commerciali tra l'isola e le aree già islamizzate della Penisola Araba e dell'India, e che anche India e Cina presentano importanti comunità musulmane (e non venitemi a dire che questi sono Paesi in cui le donne sono discriminate più di quanto non lo siano in Italia…). Non parlerò di questi Paesi comunque, ma esclusivamente dei Paesi del Medio Oriente e Nord Africa di lingua araba, più di tre Paesi dell'area centro-asiatica che mi interessano particolarmente e che ritengo, a modo loro, peculiari per l'Islam: Iran, Afghanistan e Pakistan.

Probabilmente non ce ne rendiamo conto, ma la sottomissione della donna nei confronti dell'uomo non è una peculiarità del mondo arabo-islamico, ma del mondo mediterraneo, quindi secondo me è opportuno introdurre un concetto più ampio di "circummediterraneità", se così si può dire. A pensarci bene (pensateci bene, mi raccomando!), infatti, per secoli le due sponde del Mare Nostrum hanno avuto comportamenti simili nel trattare "questioni di genere": pensiamo alla suddivisione tra spazio pubblico (riservato agli uomini) e spazio privato (destinato alle donne), all'importanza della verginità femminile prematrimoniale ed al conseguente valore quasi sacrale che l'imene e la deflorazione assumono nella prima notte di nozze, alla sottomissione del piacere femminile a quello maschile e così via.
In tutto il bacino mediterraneo, o meglio nella zona anticamente definita con il termine "Oikumene" (termine greco classico che indicava il mondo abitato, o "civilizzato", ovvero un territorio che occupava la regione tra il Mediterraneo e le isole del Sud-Est asiatico consistente largamente di città a base agricola connesse tra loro attraverso il commercio e lo scambio culturale), regna una mentalità che fa sì che il processo di civilizzazione abbia al suo culmine la rispettabilità dell'adulto maschio e che si fondi sul controllo della sessualità e sulla distinzione dei ruoli di genere. Confondere i ruoli di genere (comportamenti, spazi e destini assegnati a uomini e donne) porta a confondere i ruoli sessuali. Tutto ciò va contro il modello di normalità, sia nel comportamento sessuale che sociale: vengono definite "contro natura" l'omosessualità, la masturbazione ed anche ogni pratica eterosessuale che neghi la fecondazione e che suggerisca rapporti uomo-donna che non rispecchiano il modello della subordinazione della seconda al primo (la fecondazione è stato per secoli uno strumento di controllo dell'uomo sulla donna). Perciò è contronatura anche che una donna abbia potere (chi ricorda quando sono state proposte le "quote rosa" in Parlamento e l'avvocato Giulia Buongiorno ha detto di essere a favore di più donne in parlamento, a patto che queste donne avessero "le competenze necessarie" per sedere sugli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama? Questo è giusto, ma allora perchè non si chiede che anche i parlamentari di sesso maschile dimostrino di avere tali "competenze"?), o, in alcuni ceti anche solo un lavoro (e per secoli le donne che hanno avuto un lavoro significativamente erano quelle appartenenti alle classi inferiori, "meno civilizzate"), o che un uomo si mostri vulnerabile ai sentimenti.

Le relazioni sessuali nel bacino del Mediterraneo hanno storicamente articolato delle gerarchie sociali, ovvero posizioni sociali dominanti e subordinate: gli uomini adulti in cima alla scala sociale, donne, ragazzi e schiavi al di sotto. Il sesso, cioé la penetrazione, aveva luogo tra uomini adulti, liberi, dominanti, e subordinati socialmente inferiori: mogli, concubine, ragazzi, prostitute e schiavi (di sesso maschile e femminile). Ciò che era in gioco non era la mutualità tra partner, bensì il raggiungimento del piacere dell'uomo adulto attraverso la dominazione. I rapporti sessuali non sono dunque che rapporti di potere: le categorie dominante/subordinato e uomo/donna sono entrambe strutture di potere, che posizionano attori sociali come potenti o privi di potere.

Questa perdita della superiorità della donna sull'uomo (e con essa la sottomissione del piacere femminile a quello maschile) è avvenuta millenni fa, esattamente nel momento in cui si è avuta la transizione da società nomadiche di tipo pastorale (nelle quali il primato era tipicamente femminile) a società sedentarie di tipo agricolo: in quel momento il patriarcato rimpiazzò le società claniche matrilineari. Le donne persero così il loro potere e furono sottomesse a delle leggi alle quali gli uomini non dovevano obbedire. Infatti, a ben guardare, la maggioranza delle popolazioni nomadi (per esempio i Tuareg sahariani o la tribu' degli uomini-fiore in Arabia Saudita) sono tuttora di tipo matrilineare e le donne non sono solo il fulcro della vita del clan, ma anche coloro che tramandano il nome, il titolo nobiliare e l'eredità ai figli. Questo perché il materialismo, il possesso e la proprietà tendono a confortare la dominazione maschile, esercitando l'assoggettamento delle donne.

Questo tipo di "sessualità transmediterranea", fiorita nella Grecia antica (gineceo dice nulla?) è stata assimilata dai Romani che l'hanno a loro volta "esportata" nei territori da loro colonizzati ed è arrivata fino in India tramite le conquiste di Alessandro Magno. Le spedizioni navali del '500 e '600 hanno provveduto a recapitarla poi anche nel "Nuovo Mondo".

E fin qui questo ha ben poco a che vedere con l'Islam.
Ma almeno ho capito perché per me è così difficile trovare un fidanzato… chi vorrebbe stare con una ragazza che ti rinfaccia tutto il tempo di essere un prodotto di retrograde rapporti di potere? ;-P


P.S.: il presente trattato (LOL) non è copiato né da Wikipedia né da un libro di uno studioso o di un professore, ma è il semplice frutto dei miei studi, quindi prendetelo un po' con le pinze e non come oro colato.
Per chi fosse interessato ai "Gender Studies" e volesse approfondire gli argomenti di cui ho parlato en passant nel post, consiglio:

- AA.VV., Power & Sexuality in the Middle East (MERIP Special Report 206, 1998);
- Abdelwahab Bouhdiba, La Sexualité en Islam;
- Andrea Cornwall & Nancy Lindisfarne (a cura di), Dislocating Masculinity: Comparative Ethnographies;
- Julia Epstein & Kristina Straub (a cura di), Body Guards: The Cultural Politics of Gender Ambiguity;
- Nikki R. Keddie & Beth Baron (a cura di), Women in Middle Eastern History. Shifting Boundaries in Sex and Gender.


Thursday, August 7, 2008

Donne con i pantaloni


chi guardera' la cerimonia di apertura dei giochi olimpici di beijing 2008 (non io), probabilemnte la notera' in quanto portabandiera della rappresentativa olimpica emiratina.

Sheikha Maitha bint Mohammed bin Rashid Al Maktoum e', come dice il nome stesso, la figlia dell'emiro di dubai Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum, avuta dalla prima moglie Sheikha Hind. non solo, la giovane Maitha e' una campionessa di taekwondo e karate che ha vinto la medaglia d'argento ai giochi asiatici del 2006. quest'anno alle olimpiadi rappresentera' gli eau nel taekwondo categoria 67 kg.

"My dream is to make it a golden success for my father and country." ha detto alla stampa.


Sheikha Maitha non e' l'unica sportiva d'alto livello all'interno della ruling family di Dubai: la seconda moglie di Sheikh Mohammed, la Principessa Haya (figlia di Hussein I di Giordania, morto nel 1999, e laureata ad Oxford), nel 2000 aveva partecipato ai giochi olimpici di sidney ed ha vinto numerosi trofei equestri nel corso degli anni.


questo non cambia la situazione in cui versano milioni di donne in tutto il mondo arabo ed islamico, ma gli emirati si stanno rapidamente aprendo per dare piu' diritti alle donne... un bel passo avanti da quando non era permesso pubblicare foto delle donne della ruling family!

Oltre il Velo


questa idea mi e' venuta leggendo il commento di "Mega 21" su un post che avevo scritto per il blog di Wil.

effettivamente tutte le persone che conosco mi chiedono se io non mi senta discriminata in quanto donna residente in un paese musulmano.
queste domande mi vengono poste soprattutto a causa della visione stereotipata che ci presentano i media riguardo alla condizione della donna nell'islam, ovvero le immagini delle donne afghane in burqa, le storie delle donne saudite che nel loro paese (proprio qui affianco) non hanno alcun diritto, le notizie di lapidazioni di donne "adultere" in iran.
tutto cio' viene usato senza ritegno per scopi politici e diffamatori.
non posso negare che in alcuni paesi musulmani le donne siano sottomesse e discriminate, ma questi paesi non sono la regola: essi sono l'eccezione.
l'islam non e' una fede monolitica (e non potrebbe esserlo visto che nei secoli si e' espanso in zone del mondo troppo diverse tra loro ed ha assorbito usi e tradizioni precedenti, diversi in ogni area geografica) e da un paese all'alto molte cose cambiano, compreso il ruolo che le donne rivestono all'interno della societa'.

ho pensato allora di usare la mia "esperienza" di privilegiata occidentale che ha viaggiato in qualche paese arabo per raccontare, tramite le mie esperienze (acc, di nuovo!) personali e tramite le parole di donne musulmane, un argomento tanto discusso e su cui e' difficile avere una visione unitaria.
sia chiaro che io non sono ne' una studiosa di questi fenomeni ne' tantomeno mi permetto di considerarmi nel giusto. prendete i post con la tag oltre il velo semplicemente come un'opinione personale e (spero possa essere cosi') degli spunti di riflessione.

prima di iniziare voglio trascrivere una poesia della poetessa afghana Nadia Anjuman (1980 - 2005) intitolata Useless:
No desire to speak again
what should I sing about?
I am accursed by time whether I sing or not
Why should I talk of honey since it is poison for me?
Alas! A group of oppressors closed my mouth
I don’t have a confidante, who shall I be coy with?
Why do I cry, laugh, die and remain?
Myself and this corner of captivity, the sorrow of failure and regret
I was needlessly created and I should seal my mouth shut
I know that it is spring and the season of delight but
What can I do with tied wings? I cannot fly
Even though I have long been silent, I haven’t forgotten the songs
Because my heart and soul speak in every moment
Happy the day when I will break the cage
When I will leave this solitude and sing with abandon
I am not a weak tree that sways with every breeze
I am an Afghan girl and it is right that I always cry
(Nadia Anjuman, Useless - 1999)
la traduzione in inglese di tutte le poesie di Nadia Anjuman si puo' trovare su questo sito.
l'immagine che ho usato e' del designer egiziano Kareem Lotfy e s'intitola Mirleen (arabo per Marilyn...)