Saturday, October 11, 2008

Pena di morte: uno sguardo sull'Africa.

Ieri era la Giornata Mondiale Contro la Pena di Morte, allora traduco due articoli di Pierre-François Naudé apparsi su L'État de l'Afrique 2008 (aprile 2008) sullo stato della pena di morte nei Paesi Africani. Sono un po' vecchi, ma contengono molti dati interessanti…


Giustizia – Verso l'abolizione della pena di morte.
Con il sostegno di alcuni Paesi africani, l'Organizzazione delle Nazioni Unite si è impegnata, nel dicembre 2007, per una moratoria delle esecuzioni.

Probabilmente non conosceremo mai le conseguenze esatte sull'opinione pubblica mondiale della diffusione, nel gennaio 2007, delle immagini dell'impiccagione di Saddam Hussein. Le circostanze particolarmente indegne della messa a morte dell'ex-rais, e forse ancora di più la loro pubblicità su supporto digitale, sono risuonate come un terremoto. Persino la coscienza di coloro che vi hanno attivamente contribuito – in prima linea i dirigenti inglese ed americano Tony Blair e George W. Bush – ha sembrato esserne scossa per un attimo.
Ironia della sorte, è proprio l'esecuzione di Saddam Hussein ad aver rilanciato il dibattito sulla pena capitale presso l'ONU. Se Israele e l'Iran sono stati i soli Paesi a rallegrarsi pubblicamente della morte del rais, l'Italia, per voce del suo Presidente del Consiglio, Romano Prodi, è stata uno dei pochi a condannarla pubblicamente, ed a più riprese. È quindi naturale che il governo italiano, accedendo per due anni, in gennaio 2007, allo status di membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, si sia impegnato a prendere un'iniziativa mirante a condannare la pena di morte. Una decisione che beneficia dell'influente appoggio del Portogallo, che ha assunto la presidenza di turno dell'Unione Europea il 1° luglio dello stesso anno.

Dopo due fallimenti, uno nel 1994 ed uno nel 1999, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato, il 18 dicembre 2007, una storica risoluzione volta "a istituire una moratoria sulle esecuzioni in vista dell'abolizione della pena di morte". Una decisione simbolica, poiché priva di portata giuridica limitativa, ma che rafforza considerevolmente il peso degli abolizionisti, come testimoniano i violenti dibattiti che hanno accompagnato il voto. Alcuni Paesi opposti al progetto hanno tentato in tutti i modi di farlo fallire. Chi proponendo delle alterazioni alla lettera del progetto (legando per esempio il divieto d'aborto a quello della pena di morte), chi semplicemente accusando l'Europa di volere, come una potenza coloniale, imporre i propri "valori".
Ciò non toglie che, aldilà delle pressioni, reali ma allusive, dell'UE sui propri partner per lo sviluppo – in particolare africani – per ottenere la loro adesione alla moratoria, la risoluzione dell'ONU ha ricevuto una grande maggioranza: 104 voti contro 54, e 29 astensioni. Un mese prima, l'adozione del progetto di risoluzione (per 99 voti favorevoli contro 52 contrari e 33 astensioni) in seno alla terza commissione dell'Assemblea aveva già rivelato che numerosi Paesi africani erano interessati dal fenomeno di crescente simpatia in favore della moratoria ed avevano inoltre fortemente contribuito alla riuscita positive del progetto, nello specifico attraverso una forte astensione.
Secondo il primo scrutinio, sui 192 Paesi membri dell'ONU, solo 52 continuano a sostenere attivamente il principio della pena di morte. Ma tra questi ultimi, non se ne contano più di dieci africani: l'Egitto, la Libia, il Botswana, le Isole Comore, l'Etiopia, il Malawi, la Nigeria, il Sudan, l'Uganda e lo Zimbabwe. Malgrado una legislazione non-abolizionista, e nonostante intrattenga rapporti sempre più stretti con i Paesi del Golfo – fortemente opposti al progetto -, il Marocco si è astenuto. Fedele alla sua strategia di elusione, la Tunisia non ha partecipato al voto. Ugualmente assenti: la Repubblica Democratica del Congo e la Somalia, come pure le Seychelles, la Guinea-Bissau ed il Senegal (tutti e tre abolizionisti di fatto). Oltre al Marocco, gli astensionisti africani sono stati 18 e vanno dal Ciad al Madagascar, passando per il Camerun, la Repubblica Centrafricana, il Congo, la Guinea Equatoriale, il Niger ed il Togo, senza dimenticare il Ghana, la Guinea, il Kenya, la Tanzania e lo Zambia.

In definitiva, si tratta di un grande successo per i militanti dei diritti dell'uomo, che vi vedono la ricompensa di un lungo lavoro di lobbying. "Pur senza aver abolito la pena di morte da loro, alcuni Paesi africani sono diventati dei sostenitori attivi della moratoria universale, come l'Algeria, il Gabon, il Mali, il Burkina, il Benin ed il Burundi, mentre altri, ancora più numerosi, non le fanno ostacolo, che fa ben sperare per l'avvenire", si rallegra Antoine Bernard, il direttore esecutivo della Federazione Internazionale della Lega dei Diritti dell'Uomo. Oltretutto, tra questi ultimi, 11 fanno parte del gruppo dei 21 Paesi africani che non hanno, da oltre dieci anni, ufficialmente eseguito alcun condannato e che sono dunque considerati abolizionisti di fatto, per quanto fragile questa posizione sia.
Paradossalmente, questo miglioramento sul piano internazionale interviene su un contesto africano incerto, dove dei numerosi passi in avanti spesso procedono fianco a fianco con delle inquietanti ritirate. In materia di avanzata, da un lato, si conta certamente il numero crescente di Stati che hanno abolito di fatto la pena di morte in questi ultimi anni. Alla fine degli Anni '80, non erano che due in questa posizione: le Seychelles (1976) e Capo Verde (1981); oggi sono 14. Ultimi per data, il Ruanda (2007), la Liberia (2005), il Senegal (2004) e la Costa d'Avorio (2000) hanno raggiunto Gibuti, le Mauritius e l'Africa del Sud (1995), la Guinea-Bissau e l'Angola (1992), il Mozambico, São Tomé e Principe e la Namibia (1990). Chi sarà il prossimo? Le recenti evoluzioni permettono di sperare in progressi significativi, ossia un'abolizione totale, in Mali, in Gabon così come in Burundi ed in Marocco.
Altra nota positiva: se nessun Paese dell'Africa del Nord, al contrario dell'Africa australe, ha ancora abolito la pena capitale, il dibattito sulla posizione di quest'ultima nell'Islam progredisce (solo due Paesi a maggioranza musulmana, la Turchia ed il Senegal, sono abolizionisti). E secondo l'associazione Insieme contro la Pena di Morte (ECPM), gli appelli alla moratoria hanno trovato un eco molto favorevole presso il Gran Mufti d'Egitto, Sheikh Ali Jomaa, e presso il predicatore della catena televisiva Al-Jazeera, il Dott. Youssef al-Qaradawi. D'altra parte, dall'altro lato, la pena capitale è tornata la norma in numerosi Paesi sotto la copertura della recrudescenza degli attentati islamisti dall'11 settembre 2001 – nonostante si applichi di rado. Le condanne si moltiplicano. Da due anni, secondo Amnesty International, hanno avuto luogo in almeno una quindicina di Paesi africani, come l'Algeria, il Benin, la Tunisia, il Burkina, il Burundi, il Kenya, la Libia, il Mali, il Marocco, la Nigeria, la Repubblica Democratica del Congo, il Togo… Ma anche nei Paesi – meno numerosi – che continuano ad applicare queste sentenze, in primo luogo la Nigeria ed il Botswana – che praticano sempre delle esecuzioni segrete -, l'Egitto, la Guinea Equatoriale, l'Uganda, la Somalia e, soprattutto, il Sudan, che detiene la palma africana con almeno 65 esecuzioni nel 2006, che lo piazzano al quarto posto mondiale – ex aequo con l'Iraq.
Inoltre, indipendentemente dai progressi recentemente registrati in materia, l'abolizione della pena di morte non resolve tutto. "Il continente africano è molto lontano dal continente asiatico, che registra dei record macabri di esecuzioni, in particolare la Cina, precisa Michel Taube, scrittore francese e fondatore di ECPM. Ma siamo malgrado tutto preoccupati per l'Africa a causa del numero di assassini extragiudiziari". Un'analisi che l'evoluzione recente della situazione in Ciad o in Kenya, in particolare, conferma."

In Africa (dati presi dal sito di Nessuno Tocchi Caino):
Abolizionisti: Angola, Capo Verde, Costa d'Avorio, Gibuti, Guinea-Bissau, Mauritius, Mozambico, Namibia, Ruanda, São Tomé e Principe, Senegal, Seychelles, Sudafrica.
Abolizionisti di fatto (non eseguono sentenze capitali da almeno 10 anni; tra parentesi l’anno dell’ultima esecuzione): Benin (1993), Burkina Faso (1988), Camerun (1988), Congo Brazzaville (1982), Eritrea (non risultano esecuzioni dall’indipendenza del Paese nel 1993), Gabon (1985), Gambia (1981), Ghana (1993), Isole Comore (1997), Kenya (1987), Lesotho (1995), Liberia (2000), Madagascar (1958), Malawi (1992), Marocco (1993), Mauritania (1987), Niger (nessuna esecuzione o condanna a morte dal 1976), Repubblica Centrafricana (1982), Sierra Leone (1998), Swaziland (1982), Tanzania (1994), Togo (1978), Tunisia (1991), Zambia (1997).
Paesi che attuano una moratoria delle esecuzioni: Algeria, Mali.
Mantenitori: Botswana, Burundi, Ciad, Egitto, Etiopia, Guinea, Guinea Equatoriale, Libia, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan, Uganda, Zimbabwe.


In Ruanda, l'abolizione partecipa alla riconciliazione.
""La pena di morte non ha dissuaso la gente a prendere dei machete per massacrare i propri concittadini, è per questo che non siamo infastiditi dalla sua soppressione", dichiarava all'inizio del 2007 Théodore Simburudali, il presidente dell'Associazione di Difesa degli Interessi dei Superstiti del Genocidio (Ibuka). Qualche mese più tardi, il 25 luglio, il Ruanda è diventato il primo Paese della regione dei Grandi Laghi ad abolire la pena di morte, dopo numerose consultazioni popolari condotte dall'ottobre 2006.
L'abolizione, di cui il presidente ruandese e leader del Fronte Patriottico Ruandese (FPR), Paul Kagamé, si diceva un fervente partigiano, era anche un'esigenza del Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda che condizionava il trasferimento di alcuni sospetti alla giustizia ruandese.
Questa misura faro dello sforzo di riconciliazione nazionale ha riguardato direttamente circa 600 persone. Ma ha permesso anche, grazie ad un effetto a catena, di decongestionare le prigioni. In effetti, numerosi detenuti condannati ad una semplice pena d'incarceramento beneficiano da allora di una libertà condizionata."


Allego i link ad un articolo di Nigrizia che spiega brevemente il background giuridico di alcuni paesi africani ed alla voce “Uso della pena di Morte nel Mondo” di Wikipedia (qui i dati sull’Africa sono diversi da quelli di Nessuno Tocchi Caino… in realtà il Gabon ha abolito la pena capitale nell’ottobre 2007 – merito della conferenza organizzata a Libreville dalla Mongi? ;-P – e il Mali ha dichiarato che la sospenderà il 25 dicembre di quest’anno). I metodi di esecuzione più utilizzati sono la fucilazione e l’impiccagione, mentre il Sudan, in pieno stile “islamista retrogrado”, per alcuni tipi di reato prevede la lapidazione o la crocifissione (non sono sicurissima, ma, rimembrando i corsi di Diritto islamico, immagino la lapidazione per il crimine di adulterio e la crocifissione per il reato di apostasia).

Burkina Faso: il Paese degli Uomini Giusti, ma poveri.


Nome Ufficiale: République du Burkina Faso
Capitale: Ouagadougou
Superficie: 274.000 km²
Popolazione (2007): 13,6 milioni (fonte: World Bank)
Popolazione urbana (2006): 18,3% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 78,2% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: francese (ufficiale), more, dioula, peul, tamasheq
Religione: Islamismo, Cristianesimo, Animismo
Gruppi etnici: Mossi (chi si ricorda il personaggio Mo il Mossi creato dal grande Pennac?), Mandé, Peul, Bobo, Fulani, Malinke, Lobi, Malinke, Senufu, Gurunsi, Tuareg, Hausa… in Burkina vivono più di 60-e-dico-60 gruppi etnici… non devo elencarli tutti, vero?
PIL (2007): 6,8 miliardi USD (fonte: World Bank e IMF)
Indipendente dalla Francia dal 5 agosto 1960 Capo di Stato:
Blaise Compaoré (in carica dall'assassinio dell'allora presidente Thomas Sankara nel 1987)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Burkina_Faso
Quando ero bambina ero appassionata di geografia e così studiavo sui libri che mia madre usava al liceo (molto più interessanti dei sussidiari delle elementari vero?!) e che erano rimasti a marcire nella cantina dei miei nonni. Io li usavo per fare le ricerche, le tesine di fine anno, prima dei compiti in classe… Quindi in pratica studiavo il mondo degli Anni '70, ma per fortuna poi la maestra mi "aggiornava" sugli sviluppi degli ultimi 20 anni… Beh, io quei libri me li ricordo ancora (tra l'altro dovrebbero esserci ancora a casa di mio padre…), mi ricordo le pagine ingiallite ed un po' raggrinzite per l'umidità della cantina, l'odore un po' di muffa, le cartine geografiche bellissime che c'erano e che mi sembravano dettagliatissime con tutti i paralleli e i meridiani, le montagne e le pianure, i fiumi e i deserti, le stelline rosse per le capitali e i quadratini neri per le grandi città e i pallini di dimensione variabile a seconda del numero di abitanti per le città più piccole… Mi ricordo anche che il nome di certi Stati mi sembrava proprio buffo. Per me i nomi più belli erano quelli africani e uno dei nomi che mi faceva ridere di più era quello di un Paese africano, non troppo grande, non troppo a nord e non troppo a sud, non troppo famoso, che si chiamava Alto Volta. Ed il nome della capitale era ancora più bello: Ouagadougou! Proprio come da bambini ci si immagina che parlino gli africani… Oua-ga-dou-gou! Ovviamente alle elementari non si studiano tutti i Paesi del mondo quindi per me l'Alto Volta è rimasto Alto Volta fino a quando avevo circa 12 anni: non vi dico il mio disappunto quando, leggendo un giornale (dovevo essere a casa di mia nonna perché era una specie di giornalino parrocchiale) scopro che c'era un'epidemia di "mosca tze-tze" in… Burkina Faso, ex-Alto Volta! "Burkina Faso… ma che razza di nome è!" devo aver pensato. Menomale che non avevano cambiato il nome della mia adorata Ouagadougou! Poi nel 2005, lavorando alla Maison des Association del 12° arrondissement di Parigi, alcuni burkinabé che gestivano un associazione con la sede nella stanza accanto alla nostra mi hanno raccontato che l'Alto Volta era stato rinominato Burkina Faso dall'allora presidente Thomas Sankara, il "padre della rivoluzione", nel 1984 per festeggiare il primo anniversario del putsch che lo portò al potere e che il nome significa "Paese degli Uomini Giusti" (dal moré "Burkina", ovvero "uomini integri", e dal Dioula "Faso", "la casa del padre": questo l'ho trovato su Wikipedia… grazie Wiki, mi fai sembrare colta!).
E allora Abdul era un burkinabé, un Uomo Giusto, poi ha avuto la cittadinanza italiana e forse lì è diventato un po' meno giusto, perché mentre in Burkina Faso convivono pacificamente 60 etnie diverse, in Italia non riusciamo nemmeno a rispettare gli italiani!
Però, purtroppo, gli Uomini Giusti non fanno mai troppa strada in questo mondo ingiusto e così accade che gli Uomini Giusti siano anche poveri e che il Paese degli Uomini Giusti sia il secondo più povero al mondo dopo il Sierra Leone (fonte: Rapporto Annuale UNDP 2007 sullo Sviluppo Umano).

"Vie chère tu veux notre chair!" è il grido che risuona nelle ormai decine di manifestazioni che raccolgono migliaia di cittadini per protestare contro l'aumento vertiginoso dei prezzi dei beni di prima necessità (chi ci ricorda?). Ormai sono molte le persone che arrivano a malapena a mangiare un pasto al giorno. L'allarme era stato dato dalla Lega dei Consumatori nel settembre 2007 quando i panettieri, in maniera unilaterale, avevano deciso di aumentare il prezzo del pane cui, a novembre/dicembre, era seguita un'esplosione dei prezzi delle derrate locali piuttosto strana per il periodo visto l'arrivo dei nuovi raccolti sul mercato. La situazione è degenerata ulteriormente nel gennaio 2008, con un aumento dei prezzi di grande consumo: dall'ottobre 2007 al maggio 2008 il riso sarebbe aumentato del 51%, le paste alimentari del 74%, il latte del 118% e gli olii alimentari del 142%! (fonte: Institut National de la Statistique et de la Démographie du Burkina Faso)
I prodotti alimentari però non sono stati i soli ad aumentare di prezzo: ci sono anche i trasporti, l'acciaio, il ferro da calcestruzzo ed i concimi.
Per il governo, questa "cavalcata" dei prezzi ha dei motivi sostanzialmente esogeni: l'aumento dei costi di produzione dei principali prodotti alimentari a causa del rincaro del petrolio, la cattiva stagione nei principali Paesi produttori ed esportatori di riso, la crescita del consumo e quindi della domanda di derrate alimentari dei Paesi emergenti, il crescente ricorso ai biocarburanti che provoca una drastica riduzione delle superfici coltivabili riservate al consume umano, la crisi finanziaria internazionale indotta dai prestiti ipotecari a rischio negli Stati Uniti… un po' come fa Tremonti insomma!
A queste cause esogene si devono aggiungere anche fattori propri al Burkina, come per esempio delle piogge che hanno perturbato la produzione agricola di quest'anno, la corruzione dilagante nel Paese che non favorisce la trasparenza ed il libero gioco di concorrenza, la disoccupazione dei giovani che pesa fortemente sulla redistribuzione dei redditi e sul potere d'acquisto delle famiglie. E, soprattutto, la forte dipendenza del Paese dall'importazione di generi alimentari a causa della politica agricola male orientata dei decenni scorsi, che era rivolta verso i prodotti da esportazione a discapito dell'autosufficienza alimentare. Da quattro anni il Burkina è il primo produttore di cotone della regione subsahariana, ma quest'anno le forti inondazioni hanno causato un calo del -44% sulla produzione cotoniera rispetto all'annata precedente. Allora il governo ha deciso di riprendere, a vent'anni di distanza, lo slogan sankarista "Consumiamo quello che produciamo, produciamo quello che consumiamo" e di diversificare la produzione agricola introducendo colture cerealicole in alcune zone del Paese. Inoltre sono state prese una serie di misure di tipo amministrativo e fiscale: la sospensione dei diritti di dogana (che rappresenta un enorme perdita di entrate per lo Stato) e di IVA su alcuni prodotti, la vendita di cereali a prezzi sociali ed il divieto di esportarli, il blocco dei margini di profitto e l'introduzione di un sistema di omologazione dei prezzi. Sono stati aperti "negozi-testimoni", che vendono i prodotti ai prezzi suggeriti dal governo e di cui è stata pubblicata una lista ad uso dei consumatori.
Il governo ha anche cercato di dare l'esempio ai cittadini e giovedì 3 luglio tutti i membri del governo sono andati al Consiglio dei Ministri in bicicletta o a piedi. Ormai ai veicoli amministrativi è vietato circolare nel week end e nei giorni festivi ed i controlli volti a punire i recalcitranti sono molto rigorosi.
Forse la buona volontà del governo è stata apprezzata, tanto che ora molti burkinabé dicono di voler iniziare a coltivare piccoli appezzamenti di terra che possiedono per aiutare il sostentamento della nazione.
Non so, queste misure possono sembrare populiste, ma almeno il loro governo sta facendo qualcosa per combattere il carovita… al contrario del governo di qualche altro Paese in cui agli uomini giusti non è dato vivere (e qui oltre ad Abdul mi vengono in mente altri uomini giusti – italiani – che non sono più tra noi).

Per la Mente (Libri):
Crépuscule des temps anciens (Nazi Boni);
Fille de le Volta (Moussa Savadogo);
Métisse façon (Sarah Bouyain);
Avec tes mots (Angèle Bassolé-Ouédraogo – poesie);
Sahéliennes (Angèle Bassolé-Ouédraogo – poesie)


Per le Orecchie (Musica):
Yeleen;
Saaba;
Jean-Claude Bamoko


Per gli Occhi (Cinema):
in Burkina Faso ogni due anni dal 1969 si tiene il FESPACO, il Festival Panafricano del Cinema e della Televisione di Ouagadougou, e la scena cinematografica burkinabé è tra le più dinamiche del continente
Yeelen (Souleymane Cissé);
Zan Boko (Gaston Kaboré);
Buud Yam (Gaston Kaboré);
Adanggaman (Roger Gnoan M'Bala);
Sankofa (Halie Gerima);
Code Phoenix (Boubacar Diallo);
Delwende, lève-toi et marche (Pierre Yameogo);
Yaaba (Idrissa Ouedraogo);
Tilaï (Idrissa Ouedraogo);
Samba Traoré (Idrissa Ouedraogo); Le Cri du Coeur (Idrissa Ouedraogo); La colère des dieux (Idrissa Ouedraogo);Idrissa Ouedraogo ha inoltre diretto uno dei contributi del film collettivo 11' 9" 2001 September 11. Indovinate quale? Sì, proprio quello dei ragazzini che cercano Bin Laden per le strade di Ouaga!


Wednesday, October 8, 2008

Il Botswana, oltre i diamanti.


Nome Ufficiale: Lefatshe la Botswana (Repubblica del Botswana)
Capitale: Gaborone
Superficie: 600.370 km²
Popolazione (2007): 1,8 milioni (fonte: World Bank)
Popolazione urbana (2006): 53% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 18,8% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: inglese e setswana (ufficiali), kalanga, sekgalagadi
Religione: Cristianesimo, Animismo
Gruppi etnici: Tswana (o Batswana), Kalanga, Basarwa, Kgalagadi, Bushmen
PIL (2006): 10,8 miliardi USD (fonte: World Bank e IMF)
Indipendente dal Regno Unito dal 1966
Capo di Stato:
Ian Khama (in carica dall'aprile 2008, in seguito alle dimissioni dell' allora presidente Festus Mogae)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Botswana
Dal momento dell'indipendenza, il Botswana ha saputo gestire con intelligenza le proprie risorse tanto da avere una delle crescite più veloci per quanto riguarda il reddito pro-capite, trasformandosi da uno dei Paesi più poveri del mondo ad un Paese a reddito medio con un tasso di crescita economica annua eccedente il 9%. Principalmente grazie ai diamanti, di cui il Paese è il secondo produttore mondiale: il settore diamantifero rappresenta il 70% delle esportazioni ed il 33% del PIL. Per contro, il numero di impieghi generati dalla filiera rimane poco elevato e solo il 25% della popolazione attiva è legata, direttamente o indirettamente, al diamante. La cifra dovrebbere crescere in seguito alla creazione, nel marzo scorso, della Diamond Trading Company Botswana (DTCB), un'impresa nazionale (in seguito ad un'intesa con il gruppo sud-africano De Beers) per la valutazione, la selezione e la vendita delle pietre preziose provenienti dal sottosuolo del Paese.
Questa società, descritta da De Beers come la più sofisticata al mondo, grazie ad un trasferimento di competenze da Londra, assumerà e formerà migliaia di motswana per selezionare e vendere diamanti senza doverli più inviare a Londra.
Inoltre De Beers, presente in Botswana dal 1969, detiene in parti uguali con il governo la società mineraria Debswana, che produce oltre 30 milioni di carati all'anno (circa il 22% della produzione mondiale) e che impiega 6300 persone, di cui il 95% cittadini del Botswana.
Queste misure potrebbero effettivamente stimolare ulteriormente l'occupazione e la crescita del Paese (nel 2006 il tasso di disoccupazione del Botswana era al 17,5%).

La buona salute dell'economia del Botswana e la sua stabilità politica hanno attirato nel Paese un numero elevatissimo di immigrati alla ricerca di lavoro.
Fin dall'indipendenza nel 1966, il Botswana ha fatto ricorso ad un'immigrazione qualificata allo scopo di assicurarsi lo sviluppo economico di cui gode attualmente. Medici del Ghana e dello Zimbabwe ed ingegneri kenyani sono quindi arrivati in forze, ma oggi molti abitanti del Botswana si lamentano del gran numero di immigrati non qualificati provenienti dallo Zimbabwe. In un'intervista pubblicata da Jeune Afrique, Eugène Campbell, professore di sociologia all'Università di Gaborone, constata come "gli immigrati qualificati ormai preferiscano il Sud Africa o l'Europa. Oggi quelli che arrivano sono operai, domestici o lavoratori agricoli e l'85% di loro proviene dallo Zimbabwe". Ne sarebbero stati circa 80000 ad aver varcato la frontiera dal 2002, ma l'economia del Botswana (che oltretutto conta meno di 2 milioni di abitanti), concentrata sul commercio di diamanti e sul turismo, non riesce ad assorbire un tale flusso.
E, come succede anche nel nostro "Bel Paese", diventano un capro espiatorio cui imputare tutti i crimini commessi in un Paese noto per la sua quiete. Il Botswana, in cui possono passare 3 mesi senza visto, è ormai diventato una destinazione di prima scelta in cui molti rimangono illegalmente.
Certo, la situazione non è così esasperata come in Sud Africa, dove i rifugiati zimbabweani sono stati vittime di atroci violenze negli ultimi mesi, ma il nuovo presidente del Botswana Ian Khama (figlio del primo Presidente della Repubblica del Botswana Sir Seretse Khama) non è certo Thabo Mbeki ed ha deciso di far uscire il Botswana dalla sua neutralità opponendosi ferocemente al vicino Robert Mugabe e guidando una campagna contro la xenofobia in collaborazione con la Croce Rossa e le Nazioni Unite: vedendosi attribuire lo status di rifugiati, i cittadini zimbabweani sono dunque percepiti come "vittime" piuttosto che come clandestine.
Ora il problema più grave da risolvere per Khama rimane l'elevatissimo tasso di diffusione dell'AIDS nel Paese (il secondo al mondo dopo lo Swaziland), che affligge il 25% della popolazione adulta e fa sì che la speranza media di vita nel Paese non superi i 35 anni d'età.
Grazie ad una politica determinata di accesso ai trattamenti, durante i 10 anni di governo di Festus Mogae, che aveva fatto della lotta all'AIDS la sua priorità, il tasso di trasmissione del virus HIV di madre in figlio è calata dal 40% al 6%, ma c'è ancora tanta strada da fare per riuscire a preservare almeno le prossime generazioni.


p.s.: ogni volta che parlo o leggo di diamanti o che li vedo (per sbaglio, perchè a me non piacciono i gioielli) nelle vetrine delle gioiellerie continua a tornarmi in mente il film Blood Diamonds (anche se quello è ambientato in Sierra Leone…). Un pugno allo stomaco continuo. Bellissimo. (se non fosse così stupidamente hollywoodiano…)


Per la Mente (Libri):
The n.1 ladies' detective agency (Alexander McCall Smith);
When rain clouds gather (Bessie Head);
Maru (Bessie Head);
A question of power (Bessie Head)


Per le Orecchie (Musica):
Ratsie Setlhako
Matsieng
Franco and Afro Musica
Vee

Per gli Occhi (Cinema):
Attualmente stanno girando una versione cinematografica della serie di racconti The N.1 Ladies' Detective Agency diretta da Anthony Minghella (Il Paziente Inglese).

Per la Bocca (Cucina):
Ah, la cucina del Botswana! Molto "variegata"... ;-)
Queste ricette non ce l'ho, ma sono certa che qualcuna si trova sul libro di Chef Kumalé Cucine Africane (Ed. Sonda 1998)...
Seswaai o Chotlho (una specie di bollito molto salato);
Serobe (piatto fatto con intestini e frattaglie di pecora, capra o vacca cotti fino a diventare morbidi);
Bogobe (un porridge di sorgo, mais o miglio accompagnato da carne o verdure);
Ting (porridge di sorgo o mais fermentati cotti con l'aggiunta di latte e zucchero);
Tophi (bogobe cotto con latte acido ed un melone da cucina localmente chiamato lerotse);
Allora, adesso devo avvisarvi di una cosa… è disgustoso, ma devo farlo! Se per caso doveste passare da un supermercato in Botswana e vedere delle scatolette tipo delle del tonno sott'olio con su scritto mopane, mashonja o phane… NON COMPRATELE! A meno che non vi piacciano le avventure gastronomiche estreme…
In Botswana un'importante (ed economica) risorsa di proteine è costituita dai cosiddetti mopane worms (nome scientifico: gonimbrasia belina), che si possono trovare facilmente sul mercato in varie forme: seccati tipo patatine fritte, in salamoia, col sugo di pomodoro o con il peperoncino… Addirittura il Botswana li esporta pure 'sti vermaccioni! Ed il giro d'affari pare essere di circa 8 MILIONI DI DOLLARI L'ANNO!
Per chi fosse incuriosito dalla "gastonomia entomologica" (ed avesse uno stomaco più forte del mio), potete dare un'occhiata al sito
Food Insects (che culo! C'è anche The Food Insects Newsletter con le ricette)… buon divertimento!


Blog di alcuni volontari di Peace Corps in Botswana:

Tuesday, October 7, 2008

Benin: in marcia per emergere.


Nome Ufficiale: République du Bénin
Capitale: Porto-Novo
Superficie: 112.620 km²
Popolazione (2007): 7,8 milioni (fonte: World Bank)
Popolazione urbana (2006): 46,9% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 65,3% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: francese (ufficiale), fon e yoruba
Religione: Cristianesimo, Islam, Animismo
Gruppi etnici: Fon, Adja, Peul, Yoruba, Somba
PIL (2005): 4,5 miliardi USD (fonte: World Bank e IMF)
Indipendente dalla Francia dal 1 agosto 1960
Capo di Stato:
Thomas Boni Yayi (in carica dalle elezioni del 2006)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Benin

Da due anni, il Benin, il primo Paese africano ad aver sperimentato un vero ritorno alla democrazia all'inizio degli Anni '90, vive al ritmo di un dinamismo nuovo, caratterizzato da una reale ambizione economica.
Di più, gli abitanti di questo piccolo Stato dell'Africa occidentale si sono impegnati nella sfida di fare progressivamente del Benin una "tigre dell'Africa", proprio come esistono le "tigri dell'Asia". È la marcia per emergere.

Gran parte di questo nuovo impulso si deve al Presidente della Repubblica, Thomas Boni Yayi, eletto trionfalmente nel marzo 2006 con il 74,5% dei suffragi. Di formazione economica, ex-capo della Banca di Sviluppo dell'Africa Occidentale (BOAD), dal suo insediamento Boni Yayi sta conducendo una vera e propria crociata contro la corruzione dilagante da decenni nel Paese e che continua a frenarne lo sviluppo economico. Basti pensare che nel 2007 la classifica secondo l'indice di sviluppo umano dell'UNDP vedeva il Benin al 163° posto su 177 Paesi, mentre il vicino Togo, privato degli aiuti internazionali per più di 12 anni, era 152° in graduatoria. Secondo un rapporto dell'Ispettorato Generale di Stato reso pubblico nel novembre 2007 la corruzione fa perdere al Paese 50 miliardi di franchi CFA (equivalenti a circa 75 milioni di euro) ogni mese.
E allora al lavoro per salvare l'economia!


Per il momento la Cina rimane il più importante partner commerciale del Benin (e, per intensificare le relazioni con la Cina, si stanno costruendo nella città portuale di Cotonou degli enormi magazzini per lo stoccaggio di prodotti cinesi destinati ai mercati dell'Africa occidentale), ma il presidente sta puntando su una diplomazia attiva e basata sullo sviluppo che negli ultimi mesi l'ha portato in Francia, Germania, Cina, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud, Malesia, Singapore, Unione Europea, Stati Uniti, Belgio e Lussemburgo ad incontrare tutti i maggiori leader mondiali (strano che in Italia non sia venuto, eh?!). Boni Yayi, però, riserva un interesse particolare alla cooperazione Sud – Sud, così si è recato in quasi tutti i Paesi africani ed ha contribuito a mettere a punto un accordo di cooperazione con la Nigeria, il Togo ed il Ghana.
Ora il governo prevede una crescita del PIL del 6,8% nel 2008 e dell'8% nei prossimi anni, aspettative basate soprattutto sulla notizia (data nel novembre scorso) della scoperta di quattro grandi giacimenti le cui licenze sono già andate a compagnie canadesi, statunitensi e cinesi.
Escludendo il petrolio, l'agricoltura costituisce la vera rampa di lancio dell'economia del Benin. Terzo produttore di cotone a sud del Sahara dietro Burkina Faso e Mali, la raccolta 2007-2008 è stata particolarmente proficua, con un aumento di circa il 20% rispetto alla raccolta precedente. Inoltre, nel corso di questi due anni, il governo si è impegnato in un rafforzamento della filiera cerealicola ed in una diversificazione delle colture, sviluppando la filiera della palma da olio, dell'anacardo e dell'ananas.


Al cuore del cambiamento del Benin figura una vera politica di sviluppo delle risorse umane. Il governo ha fatto dell'istruzione una priorità. Così come le cure mediche per i bambini di meno di cinque anni, l'insegnamento primario è ormai gratuito, come era stato disposto dalla Costituzione dell'11 dicembre 1990 e come aveva promesso il candidato Boni Yayi.
Inoltre, per la prima volta nella sua storia, lo Stato del Benin ha lanciato un ambizioso programma di microcredito per i più poveri, finanziato con fondi statali ed accolto favorevolmente da Mohamed Yunus al momento del suo soggiorno in Benin nel 2007.

Insomma, in Benin qualcosa si muove. A grande velocità.
Ma, ovviamente, tutto questo dinamismo non piace agli "elefanti" della vecchia classe politica beninese e Boni Yayi può già annoverare tra i suoi nemici l'ex-Presidente della Repubblica Nicéphore Soglo e l'ex-Presidente dell'Assemblea Nazionale (il Parlamento del Benin) Adrien Houngbédji che lo accusano di condurre una politica accentratrice, tanto che nelle ultime settimane accesi scontri verbali in Parlamento sono diventati così soventi da far temere per l'unità del Paese.
Come nel caso della Mauritania (
ve lo ricordate?), io sono un po' scettica. Personalmente credo che un Paese come il Benin, governato per quasi 20 anni da un regime militare e sconvolto dalla corruzione dei suoi più alti dirigenti, abbia bisogno di un serio rilancio economico e di una figura politica forte. Ed il fatto che sia un economista invece che un militare mi fa ben sperare.
E voi, che ne pensate?


Per la Mente (Libri): Comment je suis devenu un rebelle (Serge Daniel – intervista a Guillame Soro);
Les routes clandestines (Serge Daniel);
Toute une vie ne suffirait pas pour en parler (Adelaide Fassinou);
Enfant d'autrui, fille de personne (Adelaide Fassinou);
Le chant du lac (Olympe Bhêly-Quénum);
Un piège sans fin (Olympe Bhêly-Quénum);
Les Francs-Maçons (Olympe Bhêly-Quénum);
La naissance d'Abikou (Olympe Bhêly-Quénum);
Sur la "philosophie africaine" (Paulin J. Hountondji)



Per le Orecchie (Musica):
Angélique Kidjo
Tchinck Système
Nel Oliver
Ardiess Posse
Africando
Tohon Stan



Per gli Occhi (Film):

Africa Paradis (Sylvestre Amoussou);

Anna from Benin (Monique Mbeka Phoba, regista di origine congolese)

Dilemma

che dilemma!

ho ricevuto dall'
inviato cazzone (ve lo ricordate?) un invito per andare a Kabul, una citta' che mi ha sempre affascinato in un paese che da sempre vorrei visitare.
e' partito in quarta: "vieni per un fine settimana, penso a tutto io: non preoccuparti per il biglietto che lo chiedo a mio cugino ha l'agenzia di viaggio e per il visto chiamo l'ambasciatore che tanto e' amico mio!" io cercavo di sviare il discorso, ma lui nulla, non ha voluto sentire ragioni... "no, no, ma di cosa hai paura? qui e' tutto tranquillo, non ti fidi di me? (ehrm... no! - ndr) fammi prendere cura di tutto e ti richiamo dopo!" vi giuro, un razzo!
e' vero che la sua famiglia vive li' e lui ha tanti agganci... MA IO HO PAURA!!!

che fare? accetto e rischio la vita o rinuncio e mi perdo il viaggio di una vita?



p.s.: il 10 ottobre e' la Giornata Europea Contro la Pena di Morte. ricevo dalla Mongi e vi giro l'invito di Nessuno Tocchi Caino: l'elenco dei relatori non e' dei migliori, ma magari qualcuno e' interessato...

Monday, October 6, 2008

Angola a muca para melhor?


Nome Ufficiale: República de Angola
Capitale: Luanda
Superficie: 1.246.700 km²
Popolazione (2007): 16,4 milioni (fonte: World Bank)
Popolazione urbana (2006): 38% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 32,6% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: portoghese
Religione: Cristianesimo, Animismo
Gruppi etnici: Bantù (Ovimbundu, Kimbundu, Lunda, Bakongo, Cabinda)
PIL (2007): 61,3 miliardi USD (fonte: World Bank e IMF)
Indipendente dal Portogallo dall'11 novembre 1975
Capo di Stato:
José Eduardo dos Santos (in carica dal 1979, quando fu designato Capo di Stato dai quadri del MPLA, il partito al potere)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Angola

Anche l'Angola è un Paese che mi sta molto simpatico, per la lunga lotta per l'indipendenza e per quella bandiera un po' così, una bandiera da vero Paese marxista (immagine). Ma purtroppo sembra che anche lì non tutto vada per il meglio…

Il 5 settembre si sono tenute le prime storiche elezioni legislative.
Grande due volte la Francia, situata al confine tra l'Africa centrale francofona e l'Africa australe anglofona (confina con i due Congo, lo Zambia e la Namibia), l'Angola è il settimo Paese del continente per superficie. Antica colonia portoghese, è il terzo Paese lusofono per popolazione (dopo Brasile e Mozambico). Le sue terre, tra le più fertili del continente, e le sue favolose ricchezze minerarie (in particolare petrolio e diamanti, che sono stati una delle ragioni della durata della guerra civile postcoloniale) spiegano il suo dinamismo economico attuale.
Dal 1964 (data dell'inizio della guerra per l'indipendenza, proclamata nel 1975) al 2002, l'Angola non ha conosciuto pace che per brevi sprazzi. Nel 1992, il partito d'opposizione, l'Unita (União Nacional para a Indipendência Total de Angola), non aveva accettato i risultati delle elezioni presidenziali e legislative che vedevano vincente il MPLA (Movimento Popular de Libertação de Angola), macchiate dal sospetto di brogli, ed aveva ripreso le armi.
Le elezioni del mese scorso invece, sono state monitorate da organizzazioni internazionali, che, considerando anche alcuni ritardi avvenuti nell'arrivo del materiale e nello spoglio delle schede (lo scrutinio è stato prolungato di una giornata per dare a tutti il tempo di votare), le hanno giudicate "imparziali e credibili" (a detta degli osservatori dell'Unione Europea e dell'Unione Africana) e "pacifiche e trasparenti" (secondo la Comunità di Sviluppo dell'Africa Australe e la Comunità dei Paesi di Lingua Portoghese).
Ciò non ha impedito al MPLA, al potere dal 1975, di ottenere l'81,64% dei suffragi espressi (ovvero 191 deputati su 220).
L'Unita, che non ha raccolto che il 10,39% delle preferenze (16 deputati, contro i 70 del precedente parlamento), in un primo tempo aveva denunciato la "mancanza di credibilità" delle elezioni chiedendo, insieme ad alcuni degli altri 14 partiti presenti, un nuovo voto nei seggi in cui c'erano state difficoltà. La richiesta è stata immediatamente respinta da Caetano de Sousa, il presidente della Commissione Nazionale Elettorale, e dall'8 settembre l'Unita ha dovuto prendere atto della propria sconfitta senza appello.
Da parte sua, il MPLA non è sorpreso del declino del proprio principale avversario: "Politicamente, l'Unita paga il prezzo di tutti i crimini che ha commesso durante la guerra" afferma Rui Pinto de Andrade, direttore del dipartimento di Informazione e Propaganda del MPLA. Lopo do Nascimento, deputato MPLA ed ex-Primo Ministro, che aveva criticato il suo partito nel 2005, spiega che "L'Unita non ha saputo modificare la propria immagine di partito venuto dalla campagna" a causa di una mancanza di figure politiche emergenti dopo la morte in combattimento del suo fondatore Jonas Savimbi nel 2002.
Le figure-chiave dell'Unita sono infatti: l'attuale presidente Isaias Samakuva (cui vengono imputate la maggior parte delle colpe per la disastrosa sconfitta elettorale), che all'inizio degli Anni '90 dirigeva a Londra le rappresentanze esterne del partito; il suo rivale alla testa dell'Unita Abel Chivukuvuku, che era appena più conosciuto per aver partecipato all'organizzazione delle prime elezioni a Luanda nel 1992; il segretario generale del partito, Abilio Camalata Numa, che aveva un ruolo essenzialmente militare; Alcides Sakala, ex-presidente del gruppo parlamentare dell'Unita, e Adalberto da Costa Junior, segretario dell'informazione del partito, che, durante la guerra, erano entrambi delegate in Europa. Dunque, per il momento, l'unico punto di riferimento dell'Unita rimane… il fantasma di Savimbi.
Data questa mancanza di un leader riconosciuto e riconoscibile, la maggioranza degli elettori ha associato l'Unita alla guerra civile finanziata da Stati Uniti e Sud Africa per destabilizzare il governo di matrice marxista-socialista ed ha votato per la stabilità incarnata dal MPLA.

Al MPLA, partito al potere dal 1975, ed al presidente José Eduardo dos Santos, in carica dalla morte del "padre della patria" Agostinho Neto nel 1979, tecnocrate di formazione sovietica, gli elettori chiedono soprattutto un cambiamento in campo sociale ed una maggiore condivisione delle ricchezze.
Infatti, nonostante i progressi realizzati dal 2003 nella ricostruzione del Paese (grazie allo sfruttamento delle risorse petrolifere, il tasso di crescita del Paese è il più elevato al mondo – 23,4% nel 2007 – e l'inflazione è passata dal 44% del 2004 all'11,8% del 2007. In sei anni di pace il governo dichiara di aver realizzato 2400 km di strade, 223 servizi medico-sanitari e 30000 aule scolastiche e di aver formato almeno 90000 insegnanti!), la vera sfida per le autorità rimane il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, che continua a concentrare gli indicatori più bassi dal punto di vista della speranza di vita (41 anni; fonte Banca Mondiale 2006), dell'istruzione (nel 2005 il tasso di scolarizzazione primaria, secondaria e superiore era pari al 25,6% della popolazione e superiore solo a Somalia, Niger e Gibuti; fonte UNDP) e della ricchezza per abitante (2/3 degli Angolani vivono sotto la soglia di povertà, con meno di 2 dollari al giorno).
Tutto ciò mentre la capitale Luanda si modernizza e si ricostruisce (nel 2008 è diventata la città più costosa del mondo, detronizzando Tokyo, grazie ad una classe media frutto del boom economico che non si fa mancare alcun piacere: moda glamour, oggetti di design, strumenti high-tech, cocktail bar, serate di tendenza…), i prezzi degli immobili salgono alle stelle e le musseques (bidonville) aumentano nei quartieri periferici.
Luanda nuova Dubai?

Letteratura:
As Aventuras de Ngunga (Pepetela – EN: Ngunga's adventures: a story of Angola);
Luandando (Pepetela);
Ecos da minha terra (Óscar Bento Ribas – EN: Echoes of my land);
Luuanda (José Luandino Vieira);
A vida verdadeira de Domingos Xavier (José Luandino Vieira – EN: The Real Life of Domingos Xavier);
Nós os do Makulusu (José Luandino Vieira – EN: Our Gang from Makulusu)


Musica:
Ngola Ritmos
Bonga
Teta Lando
Carlos Vieira Dias
Waldemar Bastos
Neblina
Don Kikas
Army Squad
Dog Murras


Cinema: O Herói (Zézé Gamboa – EN: The Hero; FR: L'Héros);
Sambizanga (Sarah Maldoror)


Oh! E anche in Angola quante donne con gli attributi... ne parleremo un giorno (insha'llah!).

Sunday, October 5, 2008

Algeria: colonizzazione da manuale.


Nome Ufficiale: الجمهورية الجزائرية الديمقراطية (Repubblica Democratica Popolare d'Algeria)
Capitale: الجزائر (Algeri)
Superficie: 2.381.741 km²
Popolazione (2007): 33,3 milioni (fonte: World Bank)
Popolazione urbana (2006): 60,5% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Tasso d'analfabetismo (2007): 30,1% (fonte: Africa Economic Outlook 2007)
Lingua: arabo (ufficiale), berbero e francese
Religione: Islam
Gruppi etnici: Arabi, Berberi (Cabila, Touareg)
PIL (2006): 124,1 miliardi USD (fonte: World Bank e IMF)
Indipendente dalla Francia dal 3 luglio 1962
Capo di Stato: Abdelaziz Bouteflika (in carica dalle elezioni presidenziali del 15 aprile 1999)
Wikipedia Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Algeria
L'Algeria è uno dei Paesi africani che amo di più, sicuramente perchè quando abitavo a Parigi nel fine settimana lavoravo in un ristorante algerino nel 20° arrondissement (anzi, se passate da Parigi e vi piace il couscous ve lo consiglio: Le Taïs, sul blvd. Ménilmontant, proprio di fronte all'omonima fermata della linea 2 del métro. Il venerdì ed il sabato sera il cous cous è offerto dalla casa a tutti i clienti!). In questo modo ho fatto amicizia con tanti algerini (la maggior parte di etnia cabila, non araba) di cui conservo ancora un bel ricordo. Anzi, il mio (ex) collega H. ancora continua a chiamarmi per invitarmi in Cabilia...

Ma l'Algeria è anche uno degli Stati africani che ha subito maggiormente le conseguenze della colonizzazione europea. Addirittura, dal 1947 all'indipendenza l'Algeria (grande circa quattro volte la Francia) non aveva più lo status di territorio coloniale, ma addirittura di département ("provincia"), alla stregua di Parigi o dell'Auvergne o di qualsiasi altra provincia sul territorio dell'Hexagone. Questa parificazione territoriale tra l'Algeria ed il territorio metropolitano francese tentava in parte di rimediare alle discriminazioni subite dai musulmani algerini fin dalla conquista francese (iniziata nel giugno 1830 e portata a termine solo 27 anni dopo, nel 1857, con la presa della Cabilia. Rivolte indigene continuarono ancora per un decennio circa e l'Algeria fu definitivamente "pacificata" solo nel 1871: un milione di persone, un terzo della popolazione, perì nella resistenza all'esercito colonizzatore): in base al decreto Crémieux del 1870 la cittadinanza francese veniva attribuita automaticamente solo ai 37.000 ebrei d'Algeria. Con l'introduzione del code de l'indigénat nel 1887, si distinse tra cittadini (metropolitani) e sudditi (indigeni), questi ultimi privi di quasi tutti i diritti politici e sociali. Al contrario, nel 1889 la cittadinanza francese fu concessa agli stranieri residenti, in gran parte coloni europei, che andarono così a formare il gruppo dei "pieds-noirs".
L'Algeria ha poi conquistato l'indipendenza nel 1962 in seguito ad una sanguinosa guerra di liberazione durata di 8 anni (un film da vedere è La Battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo) che si concluse solo con il trattato di Evian che dichiarò il cessate-il-fuoco e legalizzò il Fronte de Libération Nationale (FLN).
La colonizzazione francese ha portato conseguenze importanti sia sul piano culturale (leggete ad esempio l'opera del tunisino Albert Memmi), tanto che molti algerini hanno ancora oggi più familiarità con il francese piuttosto che con l'arabo dato che l'istruzione venne "arabizzata" solo negli Anni '90, sia sul piano politico e sociale.
Come è accaduto in molti altri Paesi del Medio Oriente e dell'Africa, anche in Algeria dal momento dell'indipendenza si sono susseguiti una serie di colpi di stato e regimi militari che hanno portato, negli Anni '90, alla guerra civile ed alla nascita di movimenti islamisti (FIS, GIA, Groupe Salafiste pour la Prédication et le Combat…) che ancora oggi destabilizzano il Paese continuando nella loro politica stragista (l'ultimo attentato, il 29 settembre, ha causato 3 morti).
I regimi militari, purtroppo, sono una delle eredità più pesanti che la colonizzazione europea ha lasciato in Africa: nonostante Bouteflika sia stato eletto per mezzo di elezioni popolari, egli è il prodotto di quel establishment militare che aveva lottato fin dalla prima ora contro I coloni e che in tante società gode ancora del prestigio del resistente. L'Algeria oggi ha bisogno di democratizzazione e di normalizzare le relazioni con le minoranze etniche presenti nel Paese (in particolare è da risolvere la questione della Cabilia) e necessita di un ricambio generazionale ai vertici. Nonostante la grande ricchezza del proprio sottosuolo, l'Algeria non riesce ad uscire dalla sua impasse economica e tante risorse non vengono sfruttate (per esempio il suolo agricolo) per puntare sugli idrocarburi, che però vengono usati come merce di scambio per pagare il debito internazionale del Paese, creando un circolo vizioso che non permette all'economia algerina di decollare.
Tanti imprenditori si stanno facendo strada nel settore dei servizi (es. Aigle Azur), imprenditori nati nel periodo della decolonizzazione e che spesso hanno studiato o vissuto in Francia prima di rientrare ad investire in patria, quindi senza "agganci" con i partiti di governo: probabilmente proprio il tipo di classe dirigente di cui oggi ha bisogno l'Algeria.

Oh, e quanto si potrebbe parlare di grandi figure femminili in Algeria!


Per la Mente (Libri):
I dannati della terra (Frantz Fanon, di origine martinicana, ha vissuto in Algeria gran parte della sua vita e lì ha concepito la maggior parte della sua opera di critica della colonizzazione);
Storia dell'Algeria indipendente. Dalla guerra di liberazione al fondamentalismo islamico (Giampaolo Calchi Novati);
Algérie : la question kabyle (Ferhat Mehenni);
Lo straniero (Albert Camus);
La peste (Albert Camus);
La morte felice (Albert Camus);
La sete (Assia Djebar);
Donne d'Algeri nei loro appartamenti (Assia Djebar);
Lontano da Medina (Assia Djebar);
Nedjma (Kateb Yacine);
Il cerchio delle rappresaglie (Kateb Yacine);
Il Ripudio (Rachid Boudjedra);
La pioggia (Rachid Boudjedra);
La memoria del corpo (Ahlam Mosteghanemi);
Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio (Amara Lakhouch – scrittore algerino residente da anni a Roma, ricercatore a La Sapienza, che scrive in italiano);
Zero Kill (Y.B., pseudonimo di Yassir Benmiloud);
Allah Superstar (Y.B.);
Il n'y a pas d'os dans la langue (Nourredine Saadi);
Pour une histoire franco-algérienne. En finir avec les pressions officielles et les lobbies de mémoire (Frédéric Abécassis e Gilbert Meynier, consultabile online su http://ens-web3.ens-lsh.fr/colloques/france-algerie/ );
Les Harkis dans la colonisation et ses suites (Fatima Besnaci-Lancou e Gilles Manceron);
Aujourd'hui en Algérie (Mohamed Kacimi, illustrazioni di Charlotte Gastaut e Christian Heinrich – libro per bambini);
Anche Jacques Derrida era nato in Algeria da genitori di fede ebraica…


Per le Orecchie (Musica):
Cheb Khaled
Cheikha Remitti
Cheb Mami
Faudel
Rachid Taha (il mio preferito)
Souad Massi
Ami Karim & Slam'Aleikoum
Beihdja Rahal
Karim Ziad
Lounès Matoub


Per gli Occhi (Cinema):
Dans la vie (Philippe Faucon);
La battaglia di Algeri (Gillo Pontecorvo);
Indigènes (Rachid Bouchareb);
Mémoires d'immigrés (Yamina Benguigui);
Barakat! (Djamila Sahraoui)


Per la Bocca (Cibo):
Cous cous (per chi volesse la ricetta del Taïs… basta chiedere!)
... e poi ci sono delle focaccine di semola troppo yummi di cui non mi ricordo mai il nome :-(


Per il Cuore (Arte):
Kader Attia;
Bruno Hadjih;
Rachid Koraïchi;
Abdallah Benanteur


Blogs:


colonna sonora: Ya Rayah (Rachid Taha)

Monday, September 29, 2008

Post Scriptum

probabilmente domani sara' l'Eid el-Fitr (non e' ancora certo, perche' dipende dalla luna), quindi avro' 3 giorni 3 di vacanza: ci vediamo sabato!
Eid Moubarak!

Clauds

Mal d'Africa

ieri non sono andata al lavoro perche' non mi sentivo bene. mal di gola e febbre. sembra paradossale visto che qui c'e' ancora una temperatura media di 32-35 gradi C, ma immaginatemi per 9 ore al giorno in una stanza con l'aria condizionata a 10 gradi e capirete meglio.

beh, essendo rimasta a casa tutto il giorno ad imbottirmi di musica e panadol, ho avuto il tempo di leggiucchiare un po' le riviste ed i giornali che avevo comprato il giorno prima alla co-op: Khaleej Times, Jeune Afrique, Afrique Magazine, New African e Courrier International.
ed allora direi che, visto il fatto che ottobre 2008 in gran bretagna e' il "Black History Month 2008", il mese dedicato alla storia dell'Africa, durante questo mese postero' sempre (o quasi) sul continente piu' sfruttato, piu' dimenticato e piu' bello del mondo. quello che ci fa venire il "male da ritorno". la culla dell'umanita'.
anzi, di piu', cerchero' di dedicare un post ad ogni paese, anche se questo significa 53 post in un mese (e' una media di 1,7 post al giorno eh!).
vabbe', ci provero'!
e spero che questo vi aggradi.


ed ora permettetemi di utilizzare le parole di una delle piu' belle canzoni del rapper di origine senegalese Akon:

(...)
A is for all the love and the life took away
F don't forget we were bought and trade
R ripped from the land and shipped away
I is the inspiration we use to survive
C have to see it with your own cries
A no play add it up and arrive

Still you don't know
The land is so gold and green
The place is so fresh and clean
And everyday I water my garden
Tell if you feel it deep in your heart and
The space is so cool and nice
Visit once guaranteed to visit twice
And if you just believe in the most high
I know you'll be all right

(...)

A that's my favourite place when I need to get away
F must forget but we can't forget to pray
R flight lands right on the runway
I in my homeland and I'm feeling so alive
C imagine Africa unite
A go on an accept her now it's all right

Still you don't know
Skin is so dark and brown
She lifts me right off the ground
But no you're not gonna see it on your TV.
So you just listen up and believe me
Her trees have the only cure
Her love is so new and pure
Act like this and then you can fly by
No I don't have to lie
Ma ma Africa you got
So much love to share
Pure blackness wantness is so rare
So much love to care
Let them no they missing out
(Mama Africa has) so much love to share
Sweet blackness wantness is be there
So much love to care
Let them no they missing out...

Tuesday, September 23, 2008

Whatever Happened to the Egyptians? *

Be forewarned: this post is bilingual and veeeeery loooooong.



Questo post era stato originariamente concepito in inglese qualche tempo fa (il 3 agosto per la precisione), in seguito ad alcune notizie che mi avevano colpita (una su tutte: la condanna in contumacia del sociologo
Saad Eddin Ibrahim a due anni di prigione per aver diffamato l'Egitto in una serie di discorsi sulla democrazia ed i diritti di cittadinanza in cui aveva criticato il regime della Sfinge, il presidente egiziano Hosni Mubarak). Ora, dopo la notizia di ieri del rapimento di 11 turisti (tra cui 5 italiani) nell'area di Gebel Uwainat, al confine tra Egitto, Libia e Sudan (QUI la notizia dal sito di RaiNews 24. QUI l'aggiornamento. Sono stati liberati? Boh, ancora non si capisce…), questo post torna buono per raccontarvi qualcosa che io so dell'Egitto e che Vespa e Mentana ignorano.
Per esempio che l'Egitto è un Paese bellissimo, dove però, purtroppo, la vita umana non vale molto…


Allora ho deciso che posterò l'originale in inglese e poi aggiungerò un commento in italiano.



This post was originally conceived in (a very poor) English on August, 3. Following the kidnapping of 11 tourist (including 5 Italians) in the mountainous area of Gebel Uwainat, near the borders between Egypt, Libya and Sudan, I am gonna publishing today the original draft in English followed by a comment in Italian. Just 'cause there are 2 or 3 things that I know and that our aligned journalists will not tell you.
For example: Egypt is a wonderful Country, but unfortunately human life is very cheap there…


"Exiled Egyptian human rights activist Saad Eddin Ibrahim, who also holds US nationality, was sentenced in absentia yesterday [August, 2] to two years in prison for defaming Egypt. Judge Hisham Beshir of Cairo's Al-Khalifa Court sentenced the sociologist and human right activist, who is currently in the United States, to two years behind bars for "tarnishing Egypt's reputation". He was granted bail of 10,000 EGP (equal to 1,890 USD). Lawyers Abul Naga al-Mehrezi and Hossam Salim had taken Ibrahim to court and accused him of defaming the Country after a series of speeches on citizenship and democracy in which he criticized the Egyptian regime. A judicial source said that Ibrahim has the right to appeal the decision (MENA – Middle East News Agency). HERE the (edited) news from Al Jazeera website.


But which offences did he cause to Egypt’s reputation?
And which reputation has Egypt today? The reputation of a Country whose president is just a puppet in American hands? A Country where someone who wants to run for the presidential elections (
Ayman Nour: 44 years old, chief of the opposition party Al-Ghad – Tomorrow – held in infamous Tora Prison since the "free" elections of 2005. In March 2008 a request of freedom for health reasons – Nour is diabetic – had been refused and even for the Egyptian National Day on July, 23 President Hosni Mubarak didn't include his name in the list of 1,587 prisoners who have been conceded pardon) is imprisoned? Where the government hunts and tortures any kind of out-of-line voices (homosexuals, trade unionists, journalists, bloggers…)? Where the governmental party agrees to giving the Muslim Brotherhood more “islamization” on civil matters to keep them quiet and then condemns them when they ask for more political power (they still have the biggest number of parliamentarians among the opposition parties in the Egyptian parliament)? Where, in the middle of a humangous crisis due to a galloping inflation and the rise of basic foodstuff, the President says he will reduce the taxes and then increases the price of oil and other goods by 20%?

Nope, the Egypt I know is not this Country.
The Egypt I know is a Country full of life and culture (not the Pharaonic culture and not the pre-packed culture of the Sphinx Mubarak).
The Egypt I know is the Egypt of poor warm people who shares with you their small dinner. The Egypt of kind, funny, sweet Bahz. The Egypt of people singing and playing oud in the streets in those hot summer nights. The Egypt of SDA. The Egypt of people assembling in the street to demonstrate for democracy and ready to be beaten by riot police while Mubarak held his pre-elections speech in the adjacent Presidential Palace.


If you go to Egypt on vacation, avoid Sharm el-Sheikh and try to live the contradictions of cities such as Cairo and Alexandria. Try to get acquainted to Egyptians and you'll be deeply paid back for your effort. Talk with the taxi drivers who want to convert you to Islam and never stop chitchatting about how bad the government is. Eat foul from a stall in the street. Go to Al-Azhar Mosque and lose yourself in the quietness and holiness of the place. Go to
Townhouse Gallery to discover the new generation of Egyptian artists.
Talk to the Egyptian youths: they move, they have ideas, they are clever. They are trying to figure out how to save their lives and their Country, but it's a long way to go if they don't have the support of other youngsters.

Egyptian bloggers are 2% of the global total.
Go and check
Bahz's blog (if you can read Arabic) or the internationally renowned Sandmonkey.
See what young people are doing, for example
Sustainable Development Association NGO.
Keep yourself updated and read.
And keep your mind open and ready to learn from everyone."


Fin dal mio primo viaggio in Egitto, nel 2004, ho avuto una sorta di affinità elettiva con questo Paese ed, ancor di più, con i suoi abitanti. Da allora ci sono tornata una volta all’anno. Ma, nonostante tutto questo amore, non sono mai stata a Sharm el-Sheikh… Perchè? Perchè Sharm el-Sheikh non è l’Egitto. O perlomeno non il mio Egitto.
Il mio Egitto è quello delle serate passate con gli amici alla Moqattam, a guardare l’immensa distesa illuminata del Cairo, chiacchierando, bevendo the e fumando. È quello della gente che nelle calde sere d’estate si riunisce nei café a cantare e suonare l’oud. È quello del koshary venduto a 1 ghinea o della colazione a base di foul mangiata in fretta per la strada, sul cofano di una macchina. È quello dei minibus che si infilano correndo tra una macchina e l’altra con i passeggeri aggrappati fuori perchè non sono riusciti a salire. È quello della condivisione. Condivisione dei bicchieri di stagno quando al “ristorante” ne portano uno solo per tutti i commensali. Condivisione della cena preparata dalla mamma di M. e M. che, per non farci accorgere della povertà della loro casa ha apparecchiato la tavola in camera da letto perchè le sembrava la stanza arredata in modo più dignitoso. Condivisione delle paure per il proprio futuro nonostante un’intelligenza brillante ed anni di studio. Condivisione di qualsiasi cosa.
E allora io condivido il mio Egitto con voi e non vi nego che mi intristisco quando leggo notizie come quelle che ho riportato sopra. Perchè, sarò pazza, ma a furia di condividere, ormai condivido anche la paura di tanti egiziani per le sorti del loro Paese. E condivido il loro essere egiziani, perchè un po’, sotto sotto, mi ci sento anch’io…


E mi intristisco anche quando sento parlare dell’egiziano medio come lo stereotipo del furbastro che cerca di imbrogliare i turisti.
Perchè questo non è l’egiziano medio che conosco io. Io conosco tanti egiziani. Ma nessuno di loro è un furbastro da quattro soldi.
Gli egiziani che io conosco sono persone umili, ma che condividono con gioia quel poco che hanno. Che mi hanno sempre aiutato in qualsiasi momento di difficoltà. Che non hanno esitato ad accogliermi nelle loro case e nelle loro famiglie. Che a volte mi hanno commosso per il grande valore che hanno dato alla nostra amicizia. Che non smettono di battersi per far tornare il loro Paese ad essere la culla della civiltà e della democrazia nel mondo arabo. Che scendono in piazza a protestare incuranti dei poliziotti anti-sommossa che a breve li massacreranno di botte e li arresteranno e tortureranno.
Che continuano a credere nel futuro e ad avanzare verso di esso a testa alta.





* Whatever Happened to the Egyptians? Changes in Egyptian Society from 1950 to the Present. (AUC Press, Cairo 2000 – 9th edition 2006) is a pamphlet by Galal Amin, Professor of Economics at the American University in Cairo.


Links:

3arabawy: journalist Hossam el-Hamalawy's blog (EN);

http://www.nawalsaadawi.net/: Nawal el-Saadawi's official website (EN);

Manal and Alaa's bit bucket: blog published by Alaa Abdel Fatah (who was imprisoned for 45 days in 2006) and his wife Manal (AR/EN);

Baheyya's blog (EN);

Fustat/Duweiqa, blog published di Ibn ad Dunia -Son of the World (EN);

Review of the movie "These Girls" about the lives of 4 girls from Cairo's poorest suburbia - from the blog Confessions of a Funky Ghetto Hijabi (thanks to Stef for the recommendation);

Salam(e)lik: journalist Sherif el-Sebaie's blog (IT);

http://www.harakamasria.org/: Kefaya, the Egyptian movement for change (AR).


Suggested Readings:


Non-fiction:
- Le Prophète et Pharaon (Gilles Kepel - originally in French, published in Italian as “Il Profeta e il Faraone” by Laterza): the best essay to understand the rise of Muslim Brotherhood and other radical Islamist organizations in Egypt;
- Cent mots pour comprendre l'Egypte moderne (Caroline Gaultier-Kurhan, Ali Kurhan et Abdel-Hafez Saleh Magdi - Paris, Editions Maisonneuve et Larose 2005);
- Il Risveglio della Sfinge (Vincent Hugeux e Tangi Salaün – in Internazionale 615, 4/10 novembre 2005);
- Explaining Egypt’s Targeting of Gays (Hossam Bahgat –
here on Middle East Report Online;
- Avenues of Participation: family, politics and network in urban quarters of Cairo (Diane Singerman – Cairo, AUC Press 1997);
- All’Ombra di Piramidi e Moschee. Scritti e Interviste (Naguib Mahfouz – published in Italian by Datanews);
- Arabi Invisibili. Catalogo ragionato degli arabi che non conosciamo. Quelli che non fanno i terroristi (Paola Caridi, prefazione di 'Ala al-Aswani – Milano, Feltrinelli 2007);
- There is a very interesting book I bought (in a moment of unexpected optimism about my knowledge of Arabic) in a bookshop in Alexandria whose title in Arabic is Gomhorrikiyah Ahl Mubarak ( جمهركية اهل مبارك ). I have never finished reading it (till now, insha'llah in the future), but it is a collection of enlightening articles written by an Egyptian journalist to highlight Mubarak's dirty manoeuvre to make his son Gamal succeed to him as Egypt's next president. Actually the title is very difficult to translate since Gomhorrikiyah is a word that does not exist in Arabic: it is a contraction of Gomhorriyah (= Republic) and Malikiyah (= Monarchy). Let's say "The Mubaraks' Monarchic Republic"!

Fiction:
- Emarat Yacoubian ('Ala al-Aswani – published in English as "The Yacoubian Building" by AUC Press and in Italian as "Palazzo Yacoubian" by Feltrinelli);
- Shikagu ('Ala al-Aswani – published in English as "Chicago" by AUC Press and in Italian under the same name by Feltrinelli -> I'm looking forward to
Stefania's review);
- Taxi (Khaled al-Khamissi – published in English under the same name by Aflame Books);
- Shatf al-Nar (Gamal al-Ghitani – published in Italian as “Schegge di Fuoco” by Jouvence);
- Zayni Barakat (Gamal al-Ghitani – published in Italian as “Zayni Barakat. Storia del Gran Censore della città del Cairo” by Giunti);
- Baydat al-Na'amah (Ra'uf Mus'ad Bastà – published in Italian as "L'Uovo di Struzzo. Memorie Erotiche" by Jouvence);
- Al-Karnak (Naguib Mahfouz – published in Italian as “Karnak Café” by Newton Compton);
- Hadrat al-Muhtaram (Naguib Mahfouz – published in English as “Respected Sir” by Anchor and in Italian as “Un Uomo da Rispettare” by Newton Compton);
- Yawm Maqtal al-Za’im (Naguib Mahfouz – published in English as “The Day the Leader was Killed” by Anchor and in Italian as “Il Giorno in cui fu ucciso il Leader” by Newton Compton);
- Mawt al-Rajul al-Wahid (Nawal el-Saadawi – published in English as “God Dies by the Nile” by Zed Press and in Italian as “Dio muore sulle rive del Nilo” by Eurostudio);
- Imra’a ‘ind Nuqtat al-Sifr (Nawal el-Saadawi – published in English as “Woman at Point Zero” by Zed Press and in Italian as “Firdaus. Storia di una donna egiziana” by Giunti).

Monday, September 22, 2008

Turisti italiani rapiti in Egitto.

ho appena appreso che un gruppo di turisti (non riesco a capire se 11 o 15) e' stato rapito ad Assuan. tra di loro pare ci siano anche 5 italiani (perlomeno cosi' ha confermato la farnesina).
avevo scritto un post sull'Egitto qualche settimana fa. direi che domani urge pubblicarlo, per ricordare il fermento di questo paese al di la' dei commenti portaportiani che ci (vi) attenderanno in questi giorni e dell'immagine stereotipata che ne presenteranno i media italiani.
ibm (insha'llah boukra mumkin).
ma3 al-salama
clauds